Milano è il sismografo delle tendenze, che alla Design Week vengono consacrate o ridimensionate. L’ultima edizione ha rivelato, con S.Project, la sinergia progettuale tra diversi ambiti. Attenzione invece alla bolla dello stylism e alle riedizioni
Per il Salone del Mobile, l’edizione di aprile ha rappresentato una nuova riconferma del suo ruolo e della sua centralità: non solo in termini commerciali, ma anche come occasione di incontro e di verifica delle nuove tendenze. È a Milano ad aprile, infatti, che fenomeni di cui si cominciava ad avere sentore in modo embrionale appaiono chiaramente sulla scena oppure si ridimensionano. In questo senso, la creazione del nuovo progetto legato all’ufficio, l’area S.Project, ha senz’altro avuto la funzione del “sismografo”, rivelando apertamente un fenomeno, quello della sinergia progettuale a 360° tra ambiti diversi quali la luce, l’arredo, i rivestimenti, così come tra casa/ufficio/hotellerie, che già esistevano e venivano praticati “sotto traccia”. Certo, in un appuntamento del genere emergono anche limiti e occasioni perse che, però, non riguardano il Salone in sé. Sono criticità legate piuttosto ad alcune delle tendenze emerse con chiarezza. La prima è quella che mira a trasformare il progetto in un’operazione di stylism. Il rischio è che questo porti ad una forte perdita di identità delle aziende e all’apparire sulla scena di personaggi che, più che al disegno, mirano alla creazione di atmosfere, dimenticando che, rotto l’incantesimo degli allestimenti e inseriti i pezzi negli ambienti reali di destinazione, questi stessi risulteranno assai modesti. La seconda tendenza che credo abbia in qualche misura perso il controllo è quella delle riedizioni. È vero, la riedizione, condotta con i crismi della ricerca storico-critica, è utile a rigenerare archivi spesso dimenticati e a far procedere la conoscenza. Tuttavia, quando risulta approssimativa e soprattutto “interpretativa” si trasforma in un meccanismo perverso che getta una luce distorta sul passato. Ma, soprattutto, toglie luce al futuro, in particolare alle giovani generazioni di designer che non solo si trovano a combattere con art director monopolisti, ma a questo punto anche con la memoria dei giganti del passato. Bisogna prestare attenzione, insomma. Ultimo elemento da segnalare è quello del tema forte scelto per le diverse edizioni del Salone. Credo che l’anno prossimo i temi prescelti dovranno essere fortemente contestuali ovvero tornare a parlare del design del mobile e degli oggetti, cioè del nostro specifico. La lezione più importante in questo senso ci è venuta infatti dalla XXII edizione della Triennale: una lezione in negativo, ma proprio per questo preziosa! Ogni disciplina ha un suo ambito di stringente peculiarità. In esso, solo in esso, può dare un contributo unico e insostituibile ai grandi temi che sconvolgono l’umanità. Questa deve essere la nostra missione, piuttosto che captare segnali “a effetto” da altre discipline, dalla botanica alla sociologia. Marco Romanelli