Arte e design sono accomunati dalla tipologia di clientela. Nel retail, l’arte diventa parte di un progetto completo, diventando oggi una ‘tendenza’. Ecco tre casi esemplari, dagli Usa all’Italia.
Oggi il confine è labile, più di un tempo, ma quello tra arte e design è un rapporto stretto e consolidato negli anni. Nel mondo dei distributori e del retail dell’arredo di design, l’arte può diventare parte di un progetto completo, dove l’offerta non si limita più alla selezione di pezzi che arredano, ma anche a opere d’arte che dialogano con l’arredo stesso. Da un lato l’estetica, dall’altro l’investimento. C’è chi ha fatto di questo connubio la propria fortuna, organizzando anche seminari, eventi e mostre in cui i due mondi si fondono, e lo showroom diviene veicolo forte e credibile per architetti e clienti finali. Ecco alcuni esempi.
LA CONTAMINAZIONE DI LUMINAIRE
Iniziamo da Luminaire. Fondato nel 1974 da Nasir e Nargis Kassamali, il multibrand design store negli anni ha lanciato sul mercato statunitense i più importanti marchi all’avanguardia europei, facendolo diventare una vera e propria design destination. È la casa del ‘good design’ di cui i fondatori si fanno portavoce attraverso l’organizzazione di programmi educativi, conferenze, seminari, esposizioni e open-forum, mettendo sempre in connessione l’universo creativo, i suoi molteplici linguaggi e il pubblico. Tra i nomi presenti nei quattro negozi Luminaire (per un totale di oltre 6000 metri quadrati) ci sono Piero Lissoni, Konstantin Grcic, Ron Arad, Patricia Urquiola, Marcel Wanders, Naoto Fukasawa, Giulio Cappellini e brand come Cassina, Living Divani, Cappellini, Zanotta e Moroso. Nasir e Nargis definiscono i loro spazi dei centri di ricerca sul design che contamina e interagisce anche con altre discipline, tra cui l’arte. “Arte, design e architettura – puntualizza Nasir Kassamali a Pambianco Design – sono mondi che si contaminano da più di cent’anni. Dalla fondazione del Movimento Moderno, protagonisti come Le Corbusier hanno cercato di fondere queste discipline in un tutt’uno armonico. L’intera ‘living experience’ era considerata come un unicum integrato. Lui era un grande artista, così come un grande architetto. Non penso che l’unione di design e arte possa definirsi un fenomeno, la considero un modo di vivere che appaga tutti i sensi. Nel corso degli anni, questa fusione ha continuato ad esistere e a crescere”. Ed è una fusione che si percepisce anche all’interno degli showroom Luminaire, a partire dal negozio di Miami, città dove il rapporto tra arte e design è ormai consolidato, anche grazie alla presenza di Miami Art Basel e DesignMiami/. “Oggi – continua Nasir – molti amici, colleghi e partner che si occupano di design stanno progettando pezzi eccezionali per gallerie d’arte: il messaggio è sempre il medesimo ovvero esprimere l’unione di queste due discipline e abbatterne i confini. Il processo creativo rimane invariato, ma invece di avere come filtro la creazione attraverso le lenti d’ingrandimento del mondo del progetto, procedono osservando quelle dell’arte. Diversi designer si stanno muovendo in questo senso, come i fratelli Bouroullec, Konstantic Grcic, Ron Arad e altri, producendo limited edition come quelle per la galleria Kreo a Parigi. Anche a Luminaire abbiamo ospitato mostre con prodotti e progetti simili. Con Nao Tamura, ad esempio, abbiamo indagato il concetto di design come medium artistico. Negli ultimi 45 anni, abbiamo ospitato molte mostre esplicitamente dedicate al mondo dell’arte”. Secondo Nasir, arte e design sono due mondi connessi ma con caratteristiche ben diverse, da considerare quando si cercano contaminazioni e link tra le due discipline. “Definisco il design come un cammino olistico, non è arte. Il design è compromesso, l’arte non lo è. Ma c’è qualcosa che li rende molto vicini. Nonostante la separazione sia intrinseca nella loro natura, è essenziale realizzare che arte e design condividono molte tematiche, caratteristiche e momenti storici. Ciò che le accomuna è vitale per esplorare panorami e linguaggi diversi, formulando e definendo l’intera sfera culturale come un tutt’uno. È difficile, anzi impossibile, immaginare l’una senza l’altra. Design è linguaggio, non stile. Da Luminaire lavoriamo con oltre 30 artisti internazionali, come Lars Zec e Piet Stockman, che con i loro lavori arricchiscono il nostro modo di concepire e vivere gli spazi domestici”.
DZINE, HUB PER LA COMUNITÀ
DZine è un distributore multibrand di base a San Francisco, di recente acquisito da Lifestyle Design Group (ex Poltrona Frau Group) così come era accaduto con Luminaire oltre due anni fa. Ed è cambiato molto dalla sua apertura, nell’ottobre 2004. Oltre all’espansione dello spazio espositivo e di vendita, ha aumentato nel tempo anche il numero di brand con cui collabora e grazie all’ingresso in azienda di Austin, fratello di Eve Forbord (fondatrice e presidente di DZine), si è aperta sempre più al mondo dell’arte. Austin Forbord è anche videoartista, videomaker, performer, film maker, fotografo e coreografo. Il mondo dell’arte è sempre stato parte del suo dna e il brand ne ha senza dubbio tratto beneficio. “Ho iniziato a lavorare con mia sorella sette anni fa – racconta – e avendo un background legato all’arte, è stato naturale per me portare le mie radici all’interno di questo spazio. Prima del mio arrivo, DZine era focalizzato sulla vendita di prodotti d’arredo, specialmente le collezioni legate al nome di Piero Lissoni. Da allora abbiamo fatto molta strada e abbiamo cambiato un po’ direzione. Il nostro focus rimane la proposta legata principalmente al design italiano, ma abbiamo aggiustato il tiro per accontentare la richiesta del mercato, che a San Francisco è sorprendentemente ancora conservativo dal punto di vista estetico. Stiamo cercando di ‘educare’ il pubblico, che è ancora orientato verso linee e texture più legate al mondo luxury. Abbiamo introdotto brand come Baxter e le collezioni di Paola Navone, che stanno avendo un riscontro molto positivo e sono seconde in termini di vendita solo a Paola Lenti. In aggiunta a questo aspetto, ho lavorato per portare al centro della nostra offerta la mia visione legata al mondo dell’arte”.
Nato originariamente come rivenditore di design europeo contemporaneo, e in particolare di prodotti italiani, Dzine oggi rappresenta anche produttori locali, artisti e una vasta gamma di produttori di accessori. La società crea occasioni di incontro tra queste realtà e il pubblico attraverso eventi organizzati in showroom tra cui mostre e conferenze, eventi e happening site specific. Inoltre, l’acquisizione da parte di Lifestyle Design Group si è rivelata positiva, sotto tutti i punti di vista: dalla logistica alla gestione dell’amministrazione, dall’accesso da parte del brand all’expertise del gruppo fino alla possibilità di ottenere finanziamenti. “Tutto concorre ad aiutare il nostro business e a supportare la pianificazione della strategia da attuare, che può finalmente guardare al lungo periodo”, afferma Austin. Anche i numeri confermano la crescita di DZine, che nel 2019 ha fatturato 10 milioni di dollari, di cui un 5% deriva dalle vendite legate all’arte. Per sottolineare l’intento del brand, è stata aperta una galleria, DZine Gallery, dove due volte l’anno vengono organizzate mostre in cui gli artisti, selezionati perlopiù all’interno della scena locale, dialogano con collezionisti e appassionati e ampliano l’offerta del brand che ora può offrire consulenza anche in campo artistico. “Abbiamo una figura di riferimento qualificata, il gallery manager Philip Bewley, che può fare anche da consulente per chi desidera investire in opere d’arte da acquistare come investimento – spiega Austin – ed è un supporto valido per progettisti che vogliono inserire opere d’arte all’interno dei loro progetti. Da quando abbiamo iniziato a lavorare in questo senso, sei anni fa, le cose si sono sviluppate e il successo riscontrato è sempre più positivo all’interno della comunità della baia di San Francisco”. La galleria rappresenta una sorta di estensione dello showroom, in cui le opere d’arte completano l’offerta d’arredo e contestualizzano ogni progetto di interior design. “Il nostro showroom non è un semplice spazio di esposizione e vendita, ma un vero e proprio hub per la comunità. L’associazione degli architetti di San Francisco organizza molti eventi da noi. Questo è un segnale di riconoscibilità istituzionale ed è indice che quanto stiamo facendo viene apprezzato e supportato da clienti e pubblico. A livello curatoriale, non proponiamo solo opere d’arte e fotografie, ma coinvolgiamo e ospitiamo all’interno dei nostri spazi compagnie teatrali e performance, oltre ad artisti e maker locali che realizzano opere site specific. Il nostro obiettivo per il prossimo anno è un’ulteriore espansione dello spazio per un totale di 3.800 metri quadrati in cui si incontrano design e arte, ma anche moda e food”.
VAGO E IL LINK CON L’ARTE
Vago Forniture nasce alla fine del 1920 come laboratorio di falegnameria a Barlassina (Vago Antonio Arredamenti) e, in un secolo di storia, le tre generazioni Vago hanno consolidato il loro modo di sviluppare il tema dell’arredo degli interni, proponendosi come un centro di consulenza globale per offrire a privati e architetti un servizio ‘chiavi in mano’ e poter affrontare progetti d’arredo completi. Le soluzioni proposte spaziano tra brand nazionali e internazionali (essendo rivenditore di oltre 150 aziende) e il servizio offerto affianca e sviluppa progetti forniti da studi di architettura di ogni parte del mondo. Anche se, conferma Simone Vago, figlio del fondatore, ormai la maggior parte dei clienti si concentra al di fuori del nostro Paese. “L’80% del fatturato oggi viene fatto all’estero, dagli Stati Uniti al sud della Francia, dall’India all’Israele alla Cina”. Accanto a prodotti di produzione, Vago Forniture fornisce lo sviluppo e la realizzazione di arredi su disegno, chiamati a completare il progetto di uno spazio. Come sottolineava Antonio Vago già alla fine degli anni ’80: “Oggi non si può vendere il mobile e basta, occorre offrire tutto quello che vi è collegato. Noi rivenditori abbiamo il compito fondamentale di veicolare la cultura del prodotto; se nessuno sostiene e mostra nei suoi showroom i prodotti innovativi e di ricerca nel campo del furniture design, come può il pubblico dei clienti conoscerli, apprezzarli, vederli?” Una lezione, quella di pensare alla commercializzazione dell’arredo quale strumento di sostegno alla cultura del progetto, che Simone Vago porta avanti sia nello spazio storico dello showroom di Barlassina, sia nel punto vendita di Milano. “Trent’anni fa ho iniziato a proporre pezzi d’arte insieme ai progetti d’arredo grazie a mio zio, Valentino Vago. Era un buon pittore astrattista milanese, che introdusse il fratello, mio padre, nella scena degli scapigliati dell’epoca. Alla fine degli anni ’60 tutti i negozi vendevano il mobile classico, e noi siamo stati tra i primi a capire che si poteva puntare a qualcosa di diverso. C’erano poche aziende che proponevano mobili contemporanei: Cassina, Zanotta, Gavina e poche altre. Mio padre capì che c’era spazio ed era il momento di vendere il design”. Oggi molte aziende parlano di serie limitata e pezzo unico, forse per attrarre un pubblico e una clientela diversa. “È un trend – commenta Simone Vago – e tutti parlano di limited edition. Poi vai a verificare, e scopri che molte aziende dicono di produrre 50 pezzi, quando in realtà ne hanno venduti 300. Non c’è mai stato un grande controllo e nemmeno una grande serietà. Il discorso sulla commistione tra arte e design è ormai diventato un luogo comune. La verità assoluta è che bisogna essere dei grandi professionisti, per poter capire se ci sono davvero pezzi validi e sopratutto originali, su cui poter investire”. Le gallerie nate seguendo questa scia di mercato, negli ultimi vent’anni, sono moltissime. Basti pensare alle fiere di riferimento, in cui oltre alle opere d’arte appese alle pareti, vengono venduti oggetti d’arredo legati a produzioni storiche a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, sino ad arrivare all’ultimo boom degli anni ’70. “Manifestazioni come il Tefaf, Art Basel, Miart, Nomad a St. Moritz, hanno intercettato il desiderio di clienti benestanti ormai stufi di comprare pezzi prodotti in serie. Per questo oggi ne esistono più di trenta, mentre 15 anni fa c’era una sola fiera di riferimento per questo settore”. Parlando poi di commistione tra arte e design, Simone Vago ha iniziato oltre 30 anni fa a proporre ai suoi clienti dei pezzi d’arte per poter completare i loro progetti d’arredo. “I clienti si affidano a te, quando non sono grandi conoscitori della materia. Ho sempre proposto lavori interessanti anche grazie alle opere di mio zio, che ho sempre avuto a disposizione. E’ stato quasi un passaggio naturale. Oggi le cose sono un po’ cambiate, consiglio solo i clienti con cui ho un certo rapporto, a cui ho sempre proposto pezzi importanti ma anche opere di giovani artisti appena usciti dall’Accademia di Brera”. Una sorta di evoluzione di questo modus operandi ormai consolidato è Vago e Vago, unione tra Vago Forniture e Stefano Ronchetti della Marzorati Ronchetti (ora Mr) di Cantù, entrambe realtà della Brianza, cuore del design del mobile italiano. L’obiettivo è quello di unire in un’efficiente sinergia operativa le competenze della Vago Forniture e quelle di Stefano Ronchetti per offrire un servizio sempre più completo alla clientela, ai professionisti di tutto il mondo che ricercano e pretendono la qualità italiana sia nella scelta degli arredi, degli oggetti e degli accessori di produzione, sia nella realizzazione di mobili e artefatti su disegno estesi anche al mondo dell’architettura. Da questa unione emergono le anime che hanno reso importante la storia del design italiano: la produzione seriale e l’esecuzione del pezzo unico.
di Valentina Dalla Costa