Dopo il lockdown, la svolta. Con i suoi sette brand, il gruppo forlivese ha ottenuto un numero di commesse superiore alle previsioni. E il trend continua quest’anno: ad aprile sono entrati ordini per 130 milioni di euro contro i 36 milioni previsti.
Il 2020 è stato un vero e proprio spartiacque per Ferretti Group. “Lo considero il nostro Rinascimento” commenta l’avv. Alberto Galassi, amministratore delegato della società a cui fanno capo sette marchi della nautica di lusso (Ferretti Yachts, Riva, Pershing, Itama, CRN, Custom Line e Wally). Dopo lo shock della pandemia, il mercato è ripartito in maniera sorprendente per rapidità e numero di ordini, a cui le aziende del gruppo hanno risposto altrettanto rapidamente per la necessità di rispettare i tempi di consegna entro l’anno per circa 150 yacht. “Ci siamo accorti – aggiunge Galassi – che il claim da noi utilizzato, your private island, era quanto di più attinente ci potesse essere rispetto alle richieste degli armatori, i quali chiedono sicurezza, privacy, libertà. Così stiamo correndo a velocità supersonica e vediamo rifiorire un mercato che premia le peculiarità dei nostri prodotti. Questo perché offriamo qualcosa di speciale, la funzionalità unita al bello e alla capacità di innovare”.
Iniziamo dai numeri. Come si è chiuso il 2020?
Con 611 milioni di ricavi, quasi 60 di ebitda e 22 milioni di utili. In sostanza, nonostante i due mesi di lockdown, abbiamo quasi eguagliato l’ebitda del 2019. I dati del 2021 confermano il trend: nel primo trimestre abbiamo totalizzato 18 milioni di ebitda contro i 5,5 del 2020. L’outlook per fine anno è eccezionale e ci aspettiamo un balzo a doppia cifra importante per il fatturato e a doppia cifra importantissima per la marginalità.
Quali sono i marchi che stanno performando meglio?
Ne abbiamo diversi. A cominciare da Ferretti Yachts, protagonista a fine maggio a Venezia con il varo del Ferretti Yachts 1000, la cui produzione 2021 e parte di quella del 2022 è stata già tutta venduta. Intanto Riva sta sbalordendo per ritmi di crescita e anche Wally, entrato nel gruppo un anno e mezzo fa, e Pershing stanno esaurendo la capacità produttiva di quest’anno e buona parte del prossimo. Il dato relativo ad aprile parla da solo: ci attendevamo ordini per 36 milioni di euro, ne abbiamo raccolti per 130 milioni.
Questi successi sono la conseguenza della necessità di isolamento sociale?
Non solo. La voglia di sentirsi al sicuro si unisce alla richiesta di privacy e al desiderio di libertà. E poi c’è l’esigenza, da parte dell’armatore, di non rinviare decisioni che influiscono sulla qualità della sua vita. Se un tempo pianificavano l’acquisto in un arco di tempo compreso tra cinque e dieci anni, oggi hanno capito che “di doman non c’è certezza”. Pertanto, chi può, decide di coronare un sogno e di farlo subito.
Il crollo del 2008-09 è un ricordo ormai lontano…
Altro mondo, peraltro conseguenza di una bolla enorme nel nostro settore. All’epoca, il 40% del fatturato dipendeva da Italia e Grecia che oggi, messe assieme, non arrivano al 15 percento. Vendiamo in tutto il mondo, l’area Emea e in particolare i Paesi del Mediterraneo continuano a rappresentare la nostra destinazione principale, ma il mercato che sta crescendo più rapidamente sono gli Stati Uniti.
Cosa potrebbe dare ulteriore impulso alla nautica italiana di lusso?
La valorizzazione delle nostre coste. Io davvero non capisco perché dobbiamo aver fatto delle Baleari il paradiso dello yachting… proprio noi italiani che siamo i maestri dell’ospitalità! Ma poi ci mancano le infrastrutture e non riusciamo ad attrarre tutto l’anno gli armatori che, se solo decidessero di ormeggiare le imbarcazioni in marine adeguatamente attrezzate, darebbero lavoro a un indotto molto ampio che va dalla manutenzione agli equipaggi, dall’hotellerie alla ristorazione. Cosa stiamo aspettando? Il recovery plan dovrebbe essere l’occasione per investire nelle infrastrutture per la diportistica.
Cosa predilige oggi l’armatore quando ordina uno yacht?
Spazi all’aperto e ampi volumi. Gli armatori interpretano le barche come se fossero abitazioni, ponendo maggiori attenzioni al comfort, all’attenuazione dei rumori e delle vibrazioni, alla riduzione dei consumi.
A livello di interni, quali sono i vostri partner di riferimento?
Siamo felicissimi della collaborazione avviata con lo studio Citterio Viel per il brand Custom Line. Tra i marchi dell’arredo, lavoriamo moltissimo con Minotti, Poltrona Frau, Flos per le luci. Poi c’è naturalmente la nostra controllata Zago, realtà specializzata che fa gli interiors tra i più belli del mondo operando sostanzialmente in esclusiva per Fincantieri e per i marchi del gruppo Ferretti, ma solo noi arriviamo a costruire 200 yacht l’anno e non possiamo certo pensare che Zago possa far tutto.
Quali saranno le fiere fondamentali della nautica?
Non si può prescindere dai saloni nautici di Cannes, Monte Carlo per i grandi yacht, Miami o Ford Lauderdale per il mercato Usa e infine da quello indoor di Düsseldorf. Poi c’è la new entry Venezia, sulla quale crediamo molto – infatti saremo presenti all’Arsenale – perché è l’unico salone del Mediterraneo orientale e perché si svolge in una città ineguagliabile per offerta di ospitalità. Poi potremmo partecipare a Singapore e Dubai ma certamente eviteremo di essere presenti ovunque, anche perché nel periodo in cui non c’erano fiere siamo riusciti a vendere lo stesso numero di barche, e anche di più. Il futuro è un giusto mix di fiere selezionate, eventi privati e presenza nelle location più belle del mondo.
di Andrea Guolo