Janice Feldman, fondatrice e CEO di Janus et Cie racconta il piano di espansione del marchio di outdoor del Gruppo Poltrona Frau. Prima tappa è l’apertura dello show-room meneghino. Il futuro? Il raddoppio del fatturato in quattro anni. Viaggiatrice appassionata e pioniera di una visione moderna del mondo del design da esterni, Janice Feldman è l’anima creativa e imprenditoriale di Janus et Cie, il marchio entrato poco più di un anno fa nel Gruppo Poltrona Frau. Con uno sguardo al passato e uno alle innovazioni, proprio come il dio Giano a cui fa riferimento il nome del marchio (mentre la locuzione francese “et Cie” che significa “e Compagnia” ricorda che una compagnia, come la vita, è il risultato di uno sforzo sia collettivo che individuale), Feldman è riuscita a dare vita a una realtà internazionale con un network di 19 showroom monomarca nel Nord America, Singapore, Sydney, e infine Milano, in via Fatebenefratelli inaugurato a novembre. Un traguardo? Per la fondatrice e CEO di Janus et Cie questo è solo l’inizio, come ha raccontato a Pambianco Design.
Dopo gli Stati Uniti, ora è la volta dell’Europa. Quali sono le differenze tra questi due mercati?
In genere le aziende europee prestano molta attenzione al prodotto e meno alla distribuzione, affidata ai dealers. È importante invece relazionarsi con i decision maker e influencer come gli architetti. Negli Stati Uniti nel canale residenziale ci si affida a loro. In Europa invece il consumatore accetta il suggerimento del professionista ma poi decide da solo. Il decision maker alla fine è il consumatore finale. Mi aspetto che anche in Europa gli architetti acquistino sempre più peso nel suggerire e supportare il consumatore finale. Aggiungo poi che Janus et Cie ha deciso fin da subito di strutturare la sua rete vendita affidandosi a una rete di propri punti vendita, il che permette un maggior controllo della comunicazione del marchio e del suo mondo. Che per noi significa: non siamo soltanto un marchio di arredamento outdoor. Il 40% delle nostre collezioni può vivere anche all’interno della casa. E anche i tessuti rappresentano una voce importante. Per intenderci, contiamo su 250 diverse proposte.
Con lo show-room di Milano volete rafforzarvi segmento del residenziale. Quanto incide ora?
Direi attorno al 50 per cento. Il resto è legato a contract e hospitality.
Ad oggi il vostro business è di circa 100 milioni di dollari. Cosa vi aspettate a medio termine?
Abbiamo le capacità per raddoppiare il fatturato nei prossimi tre o quattro anni. Questo perché abbiamo appena iniziato il nostro cammino in Europa e Asia.
Quali sono le sinergie con il Gruppo Poltrona Frau?
Al momento sono focalizzate soprattutto sul target della clientela che è sostanzialmente lo stesso degli altri marchi del Gruppo Poltrona Frau e Haworth.
Lancerete nuove collaborazioni a breve?
Al prossimo Salone del Mobile, dove organizzeremo peraltro un evento nel nostro nuovo showroom, presenteremo la collezione disegnata da Piero Lissoni. Ma non è l’unica novità in cantiere. A settembre sarà la volta di quella firmata dal designer cinese André Fu mentre nel 2019 sarà la volta di quella firmata da Patricia Urquiola.
Guardando alla collezione attuale, quali sono i pezzi iconici e i materiali ai quali siete più legati?
Su tutte direi Vino, Amari e Katachi. Le prime due sono tra quelle più storiche mentre l’ultima è quella che abbiamo lanciato lo scorso aprile. Poi c’è il tessile che, appunto considero molto importante (la designer ha disegnato le trame di alcuni tessuti in collezione, ndr).
Cosa potrebbe mancare nel mondo Janus et Cie?
Non è semplice dirlo. Siamo sempre alla ricerca di nuovi materiali. Il prossimo anno, per esempio, presenteremo una collezione realizzata con materiali misti. E non si fermerà qui perché per noi è fondamentale comunicare al mondo che non siamo solo un marchio outdoor.
di Milena Bello