A Milano c’è un’industria che non ha paura di rischiare e di sperimentare. parola di claudio luti, presidente del salone del mobile. E alza il sipario sulla 57esima edizione. Che sarà record.
Quando il design chiama, Milano risponde. E, mai come quest’anno, il Salone del Mobile, che apre i battenti della sua 57esima edizione con oltre 2mila espositori su un’area di più di 200mila metri quadrati, rinsalda il legame con la città e con il tessuto industriale e creativo. Si parla già di una edizione record che conferma la centralità di Milano nel panorama mondiale dell’arredo, come sottolinea in quest’intervista Claudio Luti, presidente del Salone del Mobile.
La forza del Salone del Mobile è sempre stata quella di essere legata a doppio filo alla sua rete industriale e all’incontro tra piccole e medie imprese e designer.
Qual è la prossima sfida? Continuare a offrire qualità e a innovare all’interno di una realtà globale, dando seguito al processo di internazionalizzazione intrapreso con gli appuntamenti fieristici di Mosca e Shanghai. È un dovere cui le imprese del Salone sono chiamate, oggi più di ieri, perché la competizione è agguerrita, i ritmi sono veloci, e il mercato super esigente.
Uno dei temi di questa edizione è la sostenibilità, ambito nel quale l’arredo (e non solo) si sta confrontando da tempo. Perché ora?
Perché la sostenibilità è ormai un valore imprescindibile, da dare per scontato, che deve essere sotteso a ogni progetto. Fare design, oggi, impone di pensare al domani, non solo in relazione ai materiali utilizzati, ma anche ai processi produttivi scelti, mantenendo prima di tutto standard di qualità certificati e riconosciuti universalmente, pensando a oggetti che durino nel tempo.
Quest’anno il Salone esce dal salone per entrare in città con un’installazione in centro. È un modo per rinsaldare i rapporti con Milano?
Sì, abbiamo pensato ad un’installazione/visione come ‘Living Nature.La natura dell’abitare’, realizzata nel centro della metropoli in collaborazione con lo studio Carlo Ratti Associati (CRA), perché crediamo fermamente nella necessità di fare rete, di condividere le idee, i bisogni e le esperienze. Crediamo che questo possa moltiplicare la forza centripeta della fiera e della città e attrarre sempre nuovi pensieri, progetti, risorse. Non esiste il Salone senza Milano e non esiste Milano senza il Salone.
Quest’anno avete presentato il primo Manifesto per Milano, “una dichiarazione di intenti che getta le basi di un nuovo modo di pensare, fare sistema e progetto”. A chi è rivolto?
Alle imprese, alle istituzioni, agli architetti, ai designer, agli operatori del mondo della cultura, ai giovani e a tutti i professionisti che hanno contribuito al successo della manifestazione, alla crescita dei marchi e allo sviluppo della città. Crediamo che per il Salone e per Milano sia tempo di guardare al futuro e, ancora una volta, insieme, in un gioco di squadra in cui tutti ricoprono il proprio ruolo, impegnarsi a disegnare non solo un’architettura fisica per la città e nuovi arredi da portare in fiera, ma anche nuovi modelli di fare design e architettura.
Il sistema d’arredo italiano è in salute?
Direi di sì. Le aziende continuano a lavorare su innovazione di prodotto e di processo, e le esportazioni, che in questo momento rappresentano il vero motore della ripresa, danno segnali molto positivi e incoraggianti per tutto il settore.
L’appuntamento dello scorso anno ha segnato il record dei visitatori con 343mila presenze. E quest’anno?
L’edizione 2018 si preannuncia ricca di presenze e di progetti di grande qualità. Ci aspettiamo dunque di replicare o superare i risultati del 2017. Ogni anno, in una settimana, confluiscono in fiera (e a Milano) oltre 300mila persone. Il Salone resta il punto di riferimento per il design mondiale nonostante la concorrenza delle design week.
Quali sono i punti di forza del Salone rispetto ai competitor?
La catena virtuosa design/impresa/innovazione/città/cultura/valore che rappresenta un unicum nel suo genere. E poi la sua capacità di suscitare emozione, di essere un’esperienza globale che attira operatori (e non) da ogni parte del mondo. Perché in fiera si trovano mobili e oggetti realizzati all’insegna della massima qualità; si ammirano allestimenti curati in ogni minimo dettaglio, che hanno la forza evocativa dei migliori set teatrali; si fanno incontri ‘straordinari’.
Ci sono margini di crescita? Quali?
Nel miglioramento costante della proposta espositiva, nella capacità di gestire al meglio, grazie ad un lavoro di rete, il processo di internazionalizzazione e, allo stesso tempo, nell’impegno a fare da volano per quanto di meglio può accadere a Milano. Penso, per esempio, alla riconversione dell’ex area Expo, e a tutte quelle situazioni in cui il modello di uno spazio liquido, che si apre a tante esperienze di condivisione, tipico della fiera, può rivelarsi strategico. Il Manifesto è appunto un invito a non cedere all’autocelebrazione, ma a guardare al di là di quanto già fatto per porsi sempre nuovi obiettivi.
Milano ha ancora la strada spianata per restare la capitale mondiale del design?
Assolutamente sì. Perché a Milano e nei territori limitrofi continua ad avere sede un’industria che ha il coraggio rischiare e di sperimentare, supportata dalle istituzioni e da una community dell’informazione e della cultura, oggi anche digitale, che amplifica con tutti gli strumenti a sua disposizione la realtà del Salone del Mobile.
C’è spazio per altri progetti internazionali?
Crediamo nella centralità del Salone del Mobile di Milano e il nostro primo obiettivo è continuare a lavorare per farlo crescere. Allo stesso tempo, all’interno di un mercato globale, presidiare realtà come Mosca e Shanghai è strategico.
La Cina è il Paese per antonomasia da presidiare?
Sì. Il mercato cinese è in continua crescita e le due prime edizioni della manifestazione a Shanghai hanno confermato la validità della scelta, sia dal punto di vista dei numeri che della qualità espositiva. Pertanto ritengo fondamentale continuare a darsi da fare, durante tutto il corso dell’anno, per intercettare gli interlocutori, collegarci ai distributori, migliorare le relazioni con tutti gli attori del mercato, dagli architetti alla vendita.
Come sta andando invece la Russia?
Il mercato russo ha buone possibilità di crescita e l’Italia risulta essere il primo partner per il segmento di alta gamma. Lavoriamo dunque, anche in questo caso, sullo sviluppo dei migliori contatti e sulla qualità della proposta.
di Milena Bello