Il mondo delle fabbriche sta andando incontro a una nuova fase che ha come parole chiave: tecnologia, automatizzazione e smart factories. Si giocherà (anche) qui il confronto tra uomo e robot.
La tecnologia 4.0 è la nuova frontiera dello sviluppo industriale. Consiste nell’applicazione sistematica dell’IoT (Internet of things) ai processi di produzione su scala globale, permettendo l’interazione tra macchine ‘smart’, dispositivi informatici e persone. Viene anche definita quarta rivoluzione, in quanto segue quella meccanica, della produzione in serie e dell’automazione. Il testo di riferimento per comprendere il fenomeno è il report ‘Industrie 4.0’ scritto dal Governo Tedesco nel 2013, ma le cui basi furono poste già nel 2011 da specialisti interpellati dal governo tedesco, e che connota la sinergia tra Governo, associazioni di categoria, aziende, istituti di ricerca e mondo della formazione, per garantire la competitività del ‘made in Germany’ a lungo termine. “In un futuro prossimo – spiega il documento – macchine, magazzini e linee di produzione saranno inglobati all’interno di sistemi ciberfisici. Reti globali che consentiranno a queste tre componenti di scambiarsi in modo autonomo le informazioni, attivando processi e controllandosi a vicenda”. La Germania, subito seguita dagli Stati Uniti con la loro Smcl – Smart Manufacturing Leadership Coalition, è sicuramente il mercato trainante in questo senso, e ha già introdotto una normativa per regolamentare il cambiamento. L’Unione Europea ha accettato la sfida, programmando per i prossimi 6 anni finanziamenti pari a 17 miliardi di euro. L’Italia è invece più cauta, intimorita dai rischi per l’occupazione che l’introduzione massiva di robotizzazione potrebbe implicare. A frenare sono i sindacati, che si trovano di fronte a un vuoto legislativo. Secondo uno studio del Supply Chain & Service Management Reasearch Group dell’Università di Brescia, dalle 100 aziende interpellate è emerso che l’unica tecnologia riconosciuta come impattante è al momento la stampa 3D. Più sconosciuto l’IoT.
COS’E’ IL 4.0 IN ITALIA…
Il fenomeno rivoluzionario è allo studio in diverse università italiane, tra di esse anche all’Osservatorio Smart Manufacturing della School of Management del Politecnico di Milano: “Il 4.0 – spiega a Pambianco Design l’ingegnere gestionale Sergio Terzi, responsabile scientifico dell’Osservatorio – è l’utilizzo delle tecnologie informatiche digitali applicate al mondo della produzione per renderla un po’ più autonoma. Si tratta di uno spazio di manovra molto ampio, poiché in ogni fabbrica esistono innumerevoli aree e sottoprocessi”. Le tecnologie sono tante, ma l’Osservatorio è riuscito a classificarle in due macro-gruppi: tradizionale e smart. Il primo comprende le tecnologie imprescindibili per far funzionare un’azienda, il secondo riguarda quelle più avanzate. “Il mondo dell’industria 4.0 – aggiunge Terzi – fa riferimento a un’evoluzione che riguarda gli ultimi 40 anni, e che nell’ultimo decennio ha avuto una particolare accelerazione a seguito della pervasività delle tecnologie informatiche. L’Italia non deve puntare a ‘copiare’ il modello tedesco, piuttosto deve accettare il cambiamento e adattarlo alla propria dimensione fatta di piccole e medie imprese che non possono rinunciare all’artigianalità che le differenzia a livello internazionale”. Diverse realtà italiane si stanno attivando nell’ottica di una fabbrica ‘smart’ anche se è ancora solo la punta dell’iceberg. Nello specifico, il contesto del legno arredo è un po’ arretrato rispetto ad altri settori come l’automotive. … E IN GERMANIA “I primi a receprire l’utilità delle nuove tecnologie sono stati i costruttori di macchinari – spiega a Pambianco Design Donald Wich, AD della realtà fieristica Messe Frankfurt Italia -. Già in questo settore si nota una netta differenza tra Italia e Germania, che emerge dalle fiere che organizziamo, come la fiera dell’automazione ‘Sps’, in cui il tema del 4.0 è preponderante. La Germania è forte in tutti gli anelli della filiera (dai fornitori di soluzioni di automazione elettrica ai produttori di macchinari), mentre l’Italia è ben posizionata nella produzione di macchinari, ma molto meno nelle tecnologie di automazione elettrica”. In Germania, quindi, espositori e visitatori delle fiere di settore sono tedeschi (una sorta di filiera che compra se stessa), in Italia, invece, le fiere diventano più internazionali a livello di fornitori di automazione elettrica (tedeschi, giapponesi, americani) mentre i visitatori, ovvero i produttori di macchinari, sono italiani. Anche l’approccio sistemico è diverso in Germania perché “parte da un’ampia concertazione tra tutti gli attori – prosegue Wich – che si muovono in anticipo con un obiettivo chiaro e condiviso. Facciamo sistema”. Il livello di digitalizzazione del Paese dipende dal settore di produzione e dalle linee produttive all’interno delle singole aziende. “Ci sono realtà dell’automotive – aggiunge l’AD – molto all’avanguardia e che permettono al concessionario di entrare direttamente sulla linea produttiva e programmare insieme al cliente il prodotto customizzato. Il passo successivo sarà portare il cliente stesso a interfacciarsi direttamente con il sistema produttivo senza passare dal concessionario”. Così si apre il dilemma sulla questione occupazionale che, però, in Germania viene affrontato positivamente: si pensa infatti che l’abbattimento dei costi aziendali garantito dall’introduzione della tecnologia permetterà alle aziende delocalizzate di riportare gli stabilimenti in patria (Paesi con un alto costo di manodopera), con un buon impatto a livello di posti di lavoro.
IL 4.0 CAMBIERà ANCHE I SERVIZI
L’IoT non sarà però solo legato alla produzione, ma a tutto il processo aziendale: dalla vendita alla logistica. Così come l’industria non sarà la sola a vivere il cambiamento introdotto da questa tecnologia che riguarderà anche il settore dei servizi. “Nello specifico della nostra società fieristica – porta ad esempio Wich -, il 4.0 sta ottimizzando la raccolta, gestione e interpretazione dei dati di affluenza sia per noi sia per gli espositori. La competitività del settore fieristico passerà da un piano fisico, nel quale l’espositore paga in base alla superficie occupata, a un piano legato alla qualità e quantità dei dati che la fiera riesce a mettere a disposizione dei clienti”.
COME CAMBIA IL CICLO PRODUTTIVO
Nel settore dell’arredamento la rivoluzione è più difficoltosa, ma realizzabile. Nel comparto delle cucine, ad esempio, il grosso problema è la giacenza di magazzino. Uno degli obiettivi dell’industria 4.0 è la ‘mass customization’, ovvero la realizzazione con macchinari appositi e stampanti 3D di una cucina senza avere a magazzino il materiale necessiario, che può essere prodotto ad hoc al momento dell’acquisto tramite l’invio diretto alla fabbrica dell’ordine fatto dal cliente. Con le conseguenze del caso: il capitale investito ha una rotazione più alta e una resa maggiore, la produttività aumenta, diminuisce l’inquinamento e la personalizzazione è totale. Risultato, una cucina artigianale prodotta con un sistema industriale e la relativa qualità e vantaggio di costo. E per il mobile? Una interessante prospettiva arriva da Molteni, nota firma del design italiano, che ha integrato l’IoT a monte rendendo più flessibile il modello di produzione e, a valle, a livello di customer experience. Il rapporto con il consumatore è stato reso più immediato facilitando, così, il processo di acquisto e permettendo al rivenditore di comunicare l’ordine direttamente alla produzione con il sistema Vp. “Produciamo ‘just in time’ – dichiara a Pambianco Design Giulia Molteni direttrice marketing e comunicazione del gruppo che comprende le società Molteni&C, Dada, Unifor e Citterio -, produciamo all’ordine facendo poco magazzino per minimizzare i costi. Sempre di più, d’altronde, facciamo prodotti customizzati su richiesta crescente in ambito retail e contract. Lo stesso vale per le cucine che noi commercializziamo con il marchio Dada”. L’introduzione delle tecnologie digitali ha portato ad un adeguamento della fabbrica che ha visto l’esternalizzazione di una parte della produzione. “Abbiamo fornitori ad hoc – prosegue Molteni – che si occupano di volta in volta delle fasi produttive soprattutto per commesse contract. Il loro supporto ci rende molto più veloci e flessibili”. Si tratta di un modello di produzione più flessibile che si interfaccia tramite database in grado di gestire Big Data, essendo il gruppo composto da diverse fabbriche. “I vari dipartimenti parlano tra loro e le informazioni complessive vengono analizzate per ottenere informazioni utili – prosegue l’imprenditrice -. è il caso della manutenzione predittiva che ci permette di intervernire prima che si presenti un guasto che potrebbe bloccare la produzione”. Per la lettura dei dati in Molteni sono già state introdotte figure professionali nuove: un data scientist (che analizza i big data con algoritmi appositi e individua potenziali scenari futuri per macchinari e linee di produzione), e un esperto di marketing digitale che analizza la customer experience e studia come il sito web possa integrare le nuove tecnologie (come i configuratori) per migliorare il processo d’acquisto, inoltre ottimizza l’individuazione del brand online tramite SEO e diffonde lo storytelling dell’azienda tramite social network. “In produzione – prosegue Molteni – la tecnologia ha velocizzato la prototipizzazione grazie alle stampanti 3D, abbreviando i tempi da 6 mesi a una settimana, con il conseguente incremento di produttività e di capacità di adattamento del prodotto”. E ancora, i software di diagnosi delle performance interne analizzano la produttività dei reparti individuandone gli standard e gli incentivi al miglioramento. Molteni oltre ad assumere personale specializzato organizza, in sede, corsi di aggiornamento per i propri venditori ai quali insegna a gestire questi software. Gli investimenti sono “seri” ma c’è gradualità: ogni anno viene modernizzata una parte di stabilimento.
LA NORMATIVA ITALIANA
Il Governo Italiano è al lavoro per definire un piano programmatico che al momento è ancora in discussione. Quel che è certo è che il programma dovrà prevedere azioni dirette per la defiscalizzazione di investimenti, o altri incentivi alla modernizzazione dei processi, iniziando a coinvolgere in questa trasformazione le medie imprese. Il settore richiede di colmare il ‘digital divide’ tra le aziende che dispongono di competenze specialistiche e le altre, soprattuto piccole realtà, che rischiano di rimanere fuori da questa evoluzione. Le aziende chiedono al Governo soprattutto incentivi per l’ammodernamento delle reti o per nuovi sistemi informativi (nel 50% dei casi), seguito da incentivi per nuovi macchinari per le Pmi (46%) e incentivi per corsi di formazione per le grandi aziende (38%).
IOT SU SCALA GLOBALE
Le più diffuse applicazioni sono quelle di Industrial Analytics sia a supporto di attività operative come produzione e logistica (20% del campione di aziende intervistate), sia della gestione della Supply Chain (15%); altrettanto buona è l’adozione di soluzioni Cloud e Industrial IoT in fabbrica (rispettivamente 20% e 16% del campione); tra le tecnologie meno consolidate spicca l’Advanced HMI nelle attività operative (15% del campione) anche se spesso ancora fermo allo stadio di progetto pilota. Considerando lo scenario internazionale, oltre a una crescita generale per tutte le tecnologie, nell’area dell’It la crescita più significativa si rileva, secondo i dati resi noti dall’Osservatorio Smart Manufacturing della School of Management del Politecnico di Milano, nelle applicazioni di Industrial Internet of Things (+46%) che traina anche progetti di Industrial Analytics e Cloud; nell’area delle tecnologie operative, sta conoscendo un boom l’Advanced Automation che registra un +169% in particolare grazie al forte interesse sui “collaborative robot”, ma è molto vitale anche l’Additive Manufacturing, specie in alcune nicchie applicative (aeronautica e difesa, medicale), mentre è ancora in fase di sperimentazione in altri comparti.
A QUANDO LE SMART INDUSTRIES?
Se la Germania prevede di digitalizzare completamente l’industria entro il 2030, l’Italia deve procedere con cautela integrando la tecnologia considerando il contesto produttivo di volta in volta. Il mercato dello Smart Maufacturing, nel 2015, ha registrato quasi il 10% (1,2 miliardi di euro) del totale degli investimenti complessivi dell’industria italiana. Per il 2016, secondo lo studio dell’Osservatorio del PoliMI, è prevista una crescita del 20%. Oltre 600 sono le applicazioni censite in Italia, +30% in un anno, soprattutto di tecnologie di Industrial IoT e Industrial Analytics. Il 38% delle imprese, però, dichiara ancora di non conoscere i temi dell’Industria 4.0 e i progetti sono spesso in fase pilota. “Non siamo dell’idea – conclude Terzi – che il modello tedesco debba essere preso e copiato. Le nostre aziende non devono per forza essere ultra digitalizzate e ultra connesse con robot e il massimo dell’intelligenza artificiale negli stabilimenti, che è la visione prettamente tedesca. Il 4.0 è però un trend imprescindibile al quale non bisogna opporsi anche perché fa già parte della realtà attuale. Va affrontato conoscendo settori produttivi e singole aziende. Le Pmi italiane possono così recuperare margini di efficienza con tecnologie che già oggi sono a disposizione a un costo ragionevole. Senza rinunciare all’artigianalità che porta a prodotti belli e un po’ fuori dagli schemi”. In Italia e in Germania, ad oggi, i macchinari robotizzati sono pericolosi, a causa del loro peso e della velocità di movimento, quindi negli stabilimenti vengono chiusi all’interno di gabbie e comandati da remoto. Il prossimo step sarà l’interazione diretta uomo/macchina.
di Paola Cassola