Nuova vertenza sul tavolo del Mise. Questa volta è Ideal Standard ad annunciare la volontà di chiudere lo stabilimento di Trichiana, l’ultimo sito italiano del gruppo che dà lavoro a 500 persone. Il gruppo belga, di proprietà di un fondo, ha comunicato quella che è una “decisione irrevocabile” al ministero, alla Regione Veneto e alle organizzazioni sindacali che parlano di “azione speculativa” da parte della proprietà che “ha già prodotto nel nostro paese la chiusura di altri 4 siti, con il drammatico licenziamento di centinaia di lavoratori”.
Il dossier in realtà era aperto da tempo, ma non ci si attendeva questa evoluzione negativa dal momento che soltanto nell’incontro al Mise del mese di agosto, l’azienda aveva garantito di voler valutare tutte le possibilità per scongiurare una chiusura. Dal verbale del nuovo vertice del 27 ottobre, invece, emerge che la proprietà ha sottolineato “il problema di competitività e del costo medio per alcuni dei prodotti principali che non rende più sostenibile la produzione. In base agli impegni presi il 3 agosto, l’azienda si è attivata per valutare degli scenari, di durata triennale focalizzati sulla massima saturazione dei forni, con investimenti mirati su automazione e produttività e compatibili con la continuità produttiva.
Tra questi lo scenario best prevede, su un arco temporale di 3 anni, investimenti per 16,5 milioni di euro, una rimodulazione dei volumi produttivi e una forte riduzione delle spese generali”. Tuttavia, “rilevando che anche l’attuazione di questa ipotesi porterebbe il costo di produzione unitario ad un livello non ancora pienamente concorrenziale, l’azienda ha ritenuto il sito di Trichiana non più sostenibile nel medio-lungo periodo ed il consiglio di amministrazione della capogruppo di venerdì 22 ottobre ha deciso di cessare l’attività produttiva” e di voler avviare un confronto con le parti sociali.
Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec UIL evidenziano comunque che l’azienda si è dimostrata possibilista circa l’eventualità di “attivare la procedura per la cessione del sito produttivo e del marchio, da programmare in tempi congrui per la ricerca di potenziali aziende del settore o imprenditori in grado di garantire l’asset industriale e gli attuali livelli occupazionali. Un percorso che dovrà avvenire – chiosano le sigle sindacali – senza soluzione della continuità produttiva”. E a fronte della disponibilità a valutare da parte dell’azienda sono stati fissati nuovi incontri il 5 novembre in Regione Veneto e il 17 novembre al Mise. In ogni caso, “data la gravità della situazione e in attesa dell’esito degli incontri in programma, sono state decise le prime 16 ore di sciopero per 28 e 29 ottobre. Nel caso di mancato accordo saranno attuate tutte le più idonee iniziative sindacali per una forte mobilitazione a impatto internazionale”.