Approvata a pieni voti la voglia di creatività che si respira durante la settimana del mobile, accogliendo anche ciò che non è strettamente design. Bene il nuovo progetto legato all’ufficio. Per il futuro occorre tornare a parlare di etica
C’è una sorta di anarchia che regna sovrana al Salone del Mobile. È un aspetto positivo, anzi: è la sua forza, perché si creano sovrapposizioni di ogni genere. Trovo molto stimolante il fatto che nel corso degli anni ci sia stato un ampliamento della gamma dei prodotti che trova spazio nella Design Week: anche oggetti che non sono d’arredo, per esempio una progettazione grafica o un’installazione, non hanno problemi nell’ottenere una collocazione. La settimana del design è diventata un evento totale, dove si può trovare traccia di tutto quello che cade sotto la mano del designer. Anche i confini fisici sono scomparsi: coinvolge sia la fiera sia la città, arrivando fino ai quartieri periferici. Qualsiasi progetto può essere presentato al Salone senza alcuna levata di scudi. Ed è un bene, perché viene considerato coerente con il clima di creatività. Inventiva che spesso, comunque, deve continuare a guardare anche al passato. Mi riferisco al tema delle riedizioni, un argomento molto ricorrente nel design. Non è una questione semplice perché bisogna trovare il giusto limite tra celebrazione e operazione di comodo. Qual è il bilanciamento migliore tra le due parti? È una domanda che mi sono posto anch’io con Danese, per fare un esempio, e nel mio caso ho cercato di mediare tra il ricordo di Enzo Mari e la volontà di esplorare nuovi scenari. Trovo poi interessante l’idea di abbattere le barriere che vincolavano l’ufficio in un unico padiglione e farlo diventare un elemento liquido nel Salone. Certo, nella sua realizzazione occorre sempre fare dei distinguo, ma è giusto rompere gli schemi perché ormai gli spazi tra vita e lavoro, nella vita di tutti i giorni, sono diluiti. Ed è importante che anche la manifestazione abbia recepito questo segnale. Se dovessi guardare al futuro, alle prossime edizioni del Salone del Mobile, vorrei proporre spunti nuovi da affrontare come fil rouge della Design Week. L’argomento centrale dello scorso anno era quello della sostenibilità. Non la considero una scelta ma un dovere, perché c’è troppa immaturità nei confronti di questa tematica. Non è solo una questione legata all’idea comune di allungare i tempi di vita dei singoli oggetti di arredamento, ma un discorso più profondo sulla coerenza ambientale dei processi produttivi che spesso il consumatore fatica a conoscere. Per il futuro, però, mi piacerebbe che si parlasse di etica. Il progetto di arredamento italiano ha sempre trovato sostanza in questo concetto e mi auguro se ne torni a parlare. L’etica deve ritornare al centro del design.
Giulio Iacchetti