L’ufficio non è finito, il mondo si riprenderà e gli Stati Uniti saranno ancora il mercato più dinamico del pianeta. Ne è convinto Franco Bianchi, ceo di Haworth, che però avverte: “Serve uno sforzo in più. Per le aziende, che devono entrare nella visione del cliente, sempre in evoluzione, e per i progettisti, che devono avere una visione del domani”.
di Andrea Guolo
Per Franco Bianchi, gli Stati Uniti non sono soltanto il Paese delle opportunità, ma anche la nazione che continuerà la propria corsa superando ogni tipo di difficoltà. Il manager bolognese diventato ceo di Haworth, il regista dell’operazione che ha portato un leader dell’ufficio ad acquisire Poltrona Frau Group, oggi Lifestyle Design, per imparare a progettare i luoghi di lavoro come se fossero ambienti domestici (e viceversa), arrivò negli Usa pochi mesi dopo l’11 settembre e ricorda: “Allora sembrava che Manhattan non potesse risollevarsi da quella tragedia, con le aziende che si trasferivano in New Jersey e con i piani bassi delle torri affittati a prezzi più cari delle penthouse. Questa situazione è durata 18 mesi, poi le torri sono diventate ancora più alte e Manhattan ancora più vibrante. E vedrete che andremo avanti anche questa volta, ma in modo diverso e più intelligente”.
Che impatto sta avendo la pandemia sulle vendite di arredo negli Usa?
Bisogna distinguere in base ai mondi di appartenenza. Per quanto riguarda l’ufficio, la pandemia ha originato una crisi economica piuttosto acuta per la combinazione di clienti che operano in modalità smart working e di altri clienti che per ragioni di prudenza hanno rimandato nuovi progetti. Haworth è un’azienda privata e comunica ben poco in termini finanziari, ma analizzando i risultati delle public company posso affermare che ce la stiamo cavando abbastanza bene: in quest’ambito limiteremo le perdite attorno al 20% contro una media di mercato che BIFMA quantifica attorno al -30 percento. Nel mondo residenziale e hospitality invece, dopo il grave impatto iniziale, la situazione è ripartita molto bene un po’ ovunque. Siamo convinti di poter finire l’anno discretamente bene in questo settore, su valori non troppo distanti dal 2019.
Come si prospetta il 2021?
Ogni previsione è strettamente legata alla dinamica della pandemia, e io sono moderatamente pessimista perché temo che servirà molto tempo per arrivare ad una ampia diffusione di vaccini su tutta la popolazione. Di conseguenza, il 2021 sarà un anno complicato, spero meno di quanto lo è stato il 2020. Probabilmente all’inizio sarà anche peggio, se consideriamo il comparto dei mobili da ufficio, perché i progetti del prossimo anno dipenderanno dalle decisioni attuali, ancora molto incerte, ma poi voglio pensare e sperare che le cose miglioreranno; come e quanto, lo scopriremo strada facendo.
Chi è stato il vincitore della fase pandemica, nel mondo dell’arredamento?
I casi di successo riguardano le aziende digital first, quelle focalizzate sul consumatore e quelle specializzate nei prodotti di fascia media e medio/bassa. In generale, i consumi si sono spostati dal canale fisico a quello digitale, premiando gli specialisti, ed è stata l’accelerazione di una tendenza già presente nella società e nel mercato. Abbiamo sostituito il delivery al ristorante, lo streaming al cinema, l’e-commerce al negozio. Mi fa un po’ di tristezza, visto che non sono più un ragazzo, ma tant’è… Di conseguenza, le aziende del mobile dotate di una struttura digitale importante non solo non hanno perso quota, ma stanno addirittura guadagnando posizioni.
Nel mercato statunitense, ci sono zone più energiche e zone più colpite dalla crisi?
Le tendenze in atto sono assolutamente omogenee, ma le grandi città sono state più colpite rispetto alla provincia e le aree costiere soffrono più della parte interna. Sono forme di acutizzazione che hanno comportato maggiori sofferenze per i retailer concentrati sul business tradizionale e presenti soprattutto nei centri storici o nei mall, perché i consumatori cercano di evitare luoghi troppo affollati.
Che futuro ci sarà per il mobile da ufficio?
Credo che la progettazione abbia di fronte a sé una grande sfida. La pandemia continuerà per un po’ di tempo e quando andrà via, ci lascerà diverse paure e la necessità di un nuovo modo di vivere l’ufficio e gli spazi pubblici. Tutti si stanno ponendo il problema di come ridisegnare questi spazi, di interpretare le mutate esigenze attraverso la progettualità. E questo genererà il cambiamento, aprendo una fase di innovazione per le aziende di progettazione e per le realtà manifatturiere che sapranno interpretare al meglio il cambiamento, imponendosi come aziende propositive e come leader di mercato.
Haworth si è adeguata alla svolta digitale?
Era una parte già abbastanza definita prima della pandemia ed è stata accelerata durante i mesi più critici, con discreti risultati. Con i nostri online store, come haworth.com, abbiamo cercato di intercettare tre tipologie di domande: quelle di aziende che rimborsano ai propri dipendenti l’acquisto di una serie di tools per lavorare da casa, quelle di privati che acquistano indipendentemente dal rimborso delle aziende e quelle dei dealer che cercano di incorporare una parte digitale. Tutto questo non ha certamente compensato le perdite della nostra distribuzione consolidata, ma ha offerto un buon contributo alla ripartenza.
Il futuro dell’ufficio, e dei mobili da ufficio, sarà lo smart working?
Se parliamo di memo, presentazioni, colloqui monodirezionali o update, oggi tutti pensiamo che un luogo come l’ufficio non sia più necessario. E non lo scopriamo certamente grazie al Covid, che pure ha imposto il superamento di una barriera culturale rispetto al lavoro da casa. Ma sono convinto, e mi è stato anche confermato da un’imponente ricerca commissionata a marzo, che le attività focalizzate sul cliente, sullo sviluppo e sull’innovazione, se sono fatte da casa non funzionano. Lo scambio di idee in videoconferenza è estremamente difficile. E a soffrire di più lo smart working sono stati i giovani, perché hanno perso l’occasione di confronto che si può avere a stretto contatto con i senior. Quindi penso che il futuro sarà dell’ufficio, e non dello smart working, se la progettazione riuscirà a concepire un luogo, chiamato ufficio, nel quale il lavoratore andrà non perché ci deve andare, ma perché offre un reale valore aggiunto. E perché, se non ci andrà, non riuscirà a far bene il proprio lavoro.
Cosa cambierà, d’ora in poi, per le aziende italiane che operano negli Usa?
Dovranno essere ancora più vicine al loro cliente, dovranno comunicare e spiegare il loro marchio con più efficacia, dovranno rivolgersi all’interezza del mercato. E dovranno naturalmente investire in digitalizzazione. Si tratta di uno sforzo ancora più significativo, partendo dalla consapevolezza che oggi, per vincere la sfida, non basta avere il grande designer o assicurare la miglior qualità. E che questa sfida non la vinceranno necessariamente i più grandi, perché spesso le pmi italiane si sono rivelate all’altezza del compito, entrando in totale simbiosi con la cultura del cliente statunitense.
A sei anni di distanza, come valuta l’investimento di Haworth in Lifestyle Design?
Dario Rinero, il nostro CEO di Lifestyle Design, sa che non sono mai del tutto contento… ma in questo caso avrei dei buoni motivi per esserlo. Attraverso l’acquisizione di Poltrona Frau Group, oggi Lifestyle Design, abbiamo portato Haworth a essere una realtà molto diversificata, che continua a ragionare da multinazionale ma non in maniera monolitica, convinti come eravamo che per poter pensare all’ufficio del futuro avremmo dovuto pensare alla casa del futuro, e viceversa. Siamo quindi assolutamente soddisfatti dell’investimento e convinti che questo momento così complicato aumenterà la nostra percezione di aver fatto una scelta giusta. Se fosse una partita di calcio, direi che siamo soltanto alla fine del primo tempo, perché c’è ancora tantissimo da fare non solo in termini dimensionali, ma anche come percorso verso l’eccellenza, con i marchi che già abbiamo o federandone altri.
Ci sono settori specifici ai quali guardate in prospettiva di acquisizioni?
La nostra regia non la facciamo per stanze o guardando a settori specifici. Guardiamo alle eccellenze, e le aziende che fanno parte di Lifestyle Design lo sono, ciascuna nel proprio ambito di appartenenza. Inoltre, non rincorriamo una dimensione, ma un certo tipo di qualità e eccellenza che, se la troviamo, ci porterà anche a essere più grandi.