Corolle tropicali, funghi sinuosi e palme fuori scala tra campiture colorate: al suo debutto la scorsa estate Esotismi, collezione di rivestimenti murali in stoffa prodotta da Misha e disegnata da Cristina Celestino, ha conquistato addetti ai lavori, stampa e appassionati. Con Esotismi la Celestino, architetto e designer, direttore artistico per Billiani e Fornace Brioni, ha confermato la sua propensione al progetto delle superfici. L’approccio è quello rigoroso e solido del design, senza cedere al decorativismo fine a se stesso. La spazialità e la relazione con gli ambienti sono riferimenti imprescindibili per la progettista, che racconta il suo rapporto con il mondo bidimensionale delle carte da parati e dei tessuti da rivestimento.
Qual è il suo metodo quando affronta progetti di superfici, in particolare quelle tessili?
Le superfici e i rivestimenti rappresentano una parte importante del mio lavoro; ho recentemente collaborato con Cedit-Ceramiche d’Italia per il progetto Policroma di grandi lastre in ceramica (premiato con il Red Dot Award 2020, ndr.) e ultimamente ho approfondito il tema dell’applicazione dei tessuti murali. Cerco di approcciare questo tema bidimensionale e decorativo da progettista, per cui quando elaboro delle texture o dei disegni mi aggancio alla storia che sto raccontando con il resto del progetto, oppure, se è una collezione, seguo riferimenti e regole. Oggi, dal punto di vista tecnico, con il tessuto o con la stampa si può raggiungere qualsiasi risultato.
Come si orienta tra possibilità tecniche così ampie?
Vedo la tecnica come un mezzo; non mi lascio prendere dalle estreme possibilità , ma cerco di seguire una logica che va al di là della pura decorazione e dell’illustrazione. In questo senso la più recente collaborazione è stata quella con Misha, brand di nicchia che produce rivestimenti a parete molto preziosi. Misha lavora con dei supporti che sono dei tessuti di seta molto preziosi, con diverse trame più o meno ruvide, dipinti a mano da artigiani cinesi. C’è anche la possibilità di ricamarli e rendere ancora più tridimensionale il disegno. Nel mio progetto per Misha, la collezione Esotismi, carte da parati in tessuto, abbiamo forzato la mano alle abitudini di questi illustratori cinesi, che sono bravissimi nel riprodurre piccoli animali, piccoli uccelli, piccoli fiori, ma sono meno abituati a lavorare con temi più grafici, come ad esempio le righe o le campiture piene. Per noi sono elementi scontati, ma produrre una campitura uniforme a mano e dare il senso di contemporaneità è molto complesso. Il tema della collezione è un mondo naturale esotico trasportato nella sensibilità estetica attuale, con una visione più occidentale, per cui tutto è sottomesso a geometrie che rimandano a tessuti Regimental o griglie astratte e regolari. Gli elementi naturali sono fuori scala e con colori innaturali, forzati.
Nel progetto di un prodotto bidimensionale come la carta da parati prevale il senso artistico dell’immagine o la razionalità del design?
Nel mio caso prevale l’essere designer e progettista. La mia è una trasposizione nel bidimensionale di una visione da progettista; alle carte da parati lavorano anche illustratori perché il supporto si presta a essere interpretato in più modi. Nel mio caso prevale la spazialità, la concretezza: i miei rivestimenti sono contestualizzati, non sono opere d’arte o mega-illustrazioni.
Ultimamente ha realizzato anche una collezione per Maison Matisse, brand francese creato dagli eredi dell’artista per produrre collezioni per l’interior ispirate al mondo di Matisse. Come ha sviluppato la collezione, che include anche tappeti, tessuti e carte da parati?
Il briefing dell’azienda era di realizzare una collezione partendo da una delle opere di Matisse, Intérieurs aux Aubergines e riprendendo la cartella colori dell’opera. La difficoltà era trasporre la sua estetica bidimensionale in modo tridimensionale. Per tessuti, tappeti e carte da parati il tema del colore non era un semplice copia-e-incolla: mi è stato chiesto di rielaborare il modo di lavorare di Matisse. Ho disegnato le texture e i colori dei tessuti, applicati su imbottiti e sedute della collezione, oltre alle carte da parati. In questo caso sono preziosi tessuti jacquard trattati per diventare rivestimento.
Le è mai capitato di lavorare su rivestimenti murali in carta? Quali sono le differenze dal tessuto?
Con Londonart ho realizzato diverse carte con la tecnica della stampa digitale. Ci sono alcune differenze, ma dal mio punto di vista non tante, perché in entrambi i casi parto dal progetto. Quasi tutte le mie carte sarebbero realizzabili come tessuti jacquard. Per Londonart non ho introdotto elementi complessi: per alcune sono partita da motivi tratti dagli interni di Palazzo Te di Mantova, mentre un’altra collezione (Coleotteri) presenta un fondo rigato Regimental largo con campiture piene abitate da piccole coccinelle. Sempre per Londonart ho realizzato qualcosa di più figurativo a partire spunti tratti dalla mia vita quotidiana. Amo molto fotografare e trarre ispirazione ovunque: per la serie di carte Veranda ho proposto la visione di una pianta di aloe filtrata da una tapparella, un gioco tra luce, architettura e natura. La stampa digitale ha consentito una resa perfetta della visione fotografica.
Come vede il sempre maggior utilizzo di carta da parati nel progetti di interni? È un trend passeggero o stabile?
La carta da parati offre la possibilità a tutti, anche a chi non è designer o architetto, di personalizzare gli interni. Rispetto al rivestimento ceramico le carte offrono più facilità e possibilità d’applicazione. Per evitare tendenze legate al momento, punterei su texture o colori che hanno una progettualità: non accentuerei l’aspetto illustrativo, ma utilizzerei la carta come arazzo o rivestimento murale, studiato e inteso come materiale per l’architettura.
Il tessuto è una costante in tanti suoi progetti: come nasce questa passione?
L’ho scoperto nel tempo. Di formazione sono architetto e ho cominciato a disegnare arredi tridimensionali; poi sono seguiti i progetti di rivestimenti, materiali per pavimenti in ceramica e cotto, da cui è nata la passione per il bidimensionale. Infine, con gli incarichi per progetti di interni ho imparato a conoscere e utilizzare tessuti, tendaggi e rivestimenti, che sono fondamentali in questo ambito. Io lavoro tantissimo con il colore, le texture e le finiture, e da qui sono arrivati incarichi per disegnare tessuti. Era una cosa che da progettista non mi sarei aspettata, ma è un tema molto interessante. In Italia abbiamo tessiture e lanifici d’eccellenza, con cui è possibile realizzare prodotti innovativi. Per Billiani, ad esempio, sto lavorando a un nuovo tessuto custom declinato in materiali sostenibili. Il tessuto, disegnato e pensato per un prodotto Billiani, sarà prodotto da Torri Lana, una straordinaria realtà tessile in provincia di Bergamo.
di Antonella Galli