Si ristruttura senza sosta. La domanda, secondo Confindustria Assoimmobiliare e Ance, è in forte aumento per abitazioni innovative e ora sarà la volta del pubblico che – con le risorse del Pnrr – dovrà adeguare il proprio patrimonio.
Il real estate ha già superato il guado della pandemia. Dopo un 2020 oltre le previsioni, avendo contenuto al -7,7% la flessione nel numero di compravendite, il comparto residenziale è stato protagonista nel primo semestre 2021 con un rimbalzo del +56% che, in termini di abitazioni scambiate, significa 130mila in più rispetto al 2020 ma anche 65mila in più (+22%) sullo stesso periodo 2019. E se i prezzi in generale appaiono in discesa (-2%), ci sono città come Milano (+1,7%), Bologna (+1,3%) e Roma (+1,3%) in controtendenza. Questa è la rilevazione contenuta nello studio di Nomisma per Engel & Völkers.
CRESCITA A LUNGO PERIODO
Da dove ha tratto origine questo rimbalzo? In Confindustria Assoimmobiliare, associazione presieduta da Silvia Rovere, evidenziano il cambiamento delle preferenze del mercato. “Gli italiani – precisano in associazione – chiedono immobili più funzionali e moderni, più grandi, più performanti dal punto di vista dell’efficienza energetica, spesso all’interno di quartieri in grado di offrire l’intera gamma dei servizi essenziali. Si tratta di cambiamenti di lungo periodo e sarà compito degli operatori del settore, e delle istituzioni, facilitare questa transizione che porterà a una rigenerazione sostanziale del parco immobiliare italiano”. Del resto, secondo un’indagine di Swg commissionata da Confindustria Assoimmobiliare, sette italiani su dieci vivono in case costruite più di 35 anni fa e due su cinque pagherebbero per riqualificarla in chiave green. In sostanza, c’è tanto lavoro da fare in ambito residenziale, a cominciare dalle città perché, secondo le previsioni per i prossimi 30 anni, sette italiani su dieci vivranno in aree urbane. “Se combiniamo questo con l’invecchiamento della popolazione, è evidente come esista la necessità di ripensare la progettazione delle città per creare ambienti che mettano al centro gli abitanti e la loro salute. Alcune asset class, come senior housing, rsa e healthcare, residenziale built-to-rent, co-living e student housing, ricopriranno sempre maggiore importanza”. E se Milano e Roma fanno da traino, le altre aree urbane del Paese “necessitano di investimenti che facciano parte di una visione di rinascita del contesto urbano. La speranza è che i progetti legati al Pnrr siano la leva che occorre per far partire questi investimenti” avvertono in associazione. In ogni caso, i vertici industriali del comparto immobiliare scommettono in una ripresa duratura e capace di superare la dipendenza da eventuali misure di incentivo pubblico. “Il sistema economico italiano – sostengono – veniva da una tendenza pre-pandemica positiva, con fondamentali robusti, specie per quanto riguarda le economie delle città medio-grandi. Nello scenario post-pandemia abbiamo aggiunto a questa base la prospettiva di investimenti legati al Pnrr, che ha un orizzonte di medio termine e affronterà direttamente il tema della sostenibilità, importante nei contesti di rigenerazione urbana”. Di conseguenza, la rilevanza dei temi Esg all’interno delle agende degli operatori immobiliari sta portando a rivedere le modalità di investimento e le disponibilità di investimenti pubblici in questo settore. “Investimenti che verranno messi a terra attraverso forme di finanziamento pubblico-privato e che costituiscono una prospettiva che gli operatori del mercato vedono con favore, aumentando il clima di fiducia e di prospettiva positiva rispetto alla crescita” concludono. Una ripresa a cui contribuiscono attivamente gli investitori esteri, a cominciare dagli Usa che oggi sono i primi investitori per asset class quali logistica (15%) e hospitality (9%).
CONDOMINI IN RISTRUTTURAZIONE
Per i costruttori è un periodo di forte lavoro. “Oggi – evidenzia Flavio Monosilio, direttore centro studi di Ance (Associazione nazionale costruttori edili) – il mercato è sostenuto in primis dal Superbonus 110%, quindi dalle ristrutturazioni del patrimonio abitativo in chiave energetica e sismica, una misura che in questi ultimi mesi è entrata in una grande fase di espansione, dopo i pesanti ritardi iniziali. Si stanno consolidando, infatti, gli interventi sui condomini che hanno raggiunto un’incidenza vicina al 50% dell’ammontare complessivo”. Chi sta investendo nella riqualificazione del patrimonio immobiliare? Monosilio evidenzia innanzitutto il contributo delle famiglie che vivono in contesti sia unifamiliari che condominiali e che hanno utilizzato i bonus per soddisfare un’esigenza di riqualificazione degli immobili. E poi ci sono i fondi immobiliari e finanziari, attivi sul fronte della riqualificazione urbana perché, spiega: “Sono gli unici soggetti oggi in grado di affrontare operazioni di sviluppo complesse. Questo è dovuto anche ai problemi di accesso al credito da parte delle imprese di costruzioni: per farsi finanziare progetti di riqualificazione urbana c’è bisogno di controparti bancarie in grado di saper valutare il rischio insito in queste operazioni. Oggi, complice anche una regolamentazione prudenziale che non incentiva i finanziamenti immobiliari, pochissimi soggetti sono in grado di accompagnare le imprese in un percorso complesso. Ed è importante attivare al più presto un dialogo strutturato tra mondo degli sviluppatori e banche per rendere possibile un loro coinvolgimento, chiarendo in modo inequivocabile quali devono essere le caratteristiche di rischio delle operazioni per essere finanziabili”. Ance condivide l’impressione di Confindustria sulla tenuta della domanda in prospettiva. “Non sarà un semplice rimbalzo congiunturale dopo la grave crisi pandemica. Le ragioni sono molteplici. Prima di tutto l’effetto dei crediti fiscali per le riqualificazioni degli edifici, in testa il superbonus 110%, che sta coinvolgendo tutto il territorio italiano, e poi naturalmente il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che attribuisce al settore delle costruzioni un ruolo centrale per lo sviluppo e l’ammodernamento del Paese”. Circa la metà delle risorse disponibili riguarda, infatti, interventi di interesse per l’edilizia: 108 miliardi sui 222 stanziati. “Inoltre – precisa Monosilio – gli investimenti saranno accompagnati da riforme in ambiti prioritari per il nostro settore, come quella della pubblica amministrazione. Si tratta di investimenti e riforme che potranno gettare le basi per uno sviluppo duraturo che non si esaurirà con la conclusione del Piano, nel 2026, ma che potrà innescare un processo di crescita sostenibile e di lungo periodo stimolando la transizione ecologica e digitale e contribuendo a superare le debolezze strutturali dell’economia italiana”. E Ance punta i fari sugli investimenti necessari nella provincia italiana. “Siamo un Paese in grado di collegare Roma a Milano in meno di tre ore, ma spesso i collegamenti all’interno di una stessa regione sono scadenti o addirittura assenti. La provincia italiana non deve diventare una imitazione mal riuscita dei grandi poli metropolitani, ma un luogo di crescita economica e sociale in cui far planare efficacemente i progetti del Pnrr”.
MILANO, SVILUPPO ORIZZONTALE
Milano intanto cresce e mantiene il centro della scena. “È una città attrattiva, innanzitutto per i talenti, ed è in fase di sviluppo – afferma Roberto Magaglio, Licence Partner di Engel & Völkers Milano – a partire dal semicentro e della periferia. Nel residenziale, è passata da una crescita verticale a uno sviluppo più orizzontale. E dal nostro osservatorio emerge una rivalutazione generale dei prezzi, specialmente nell’ambito del pregio”.
Le ragioni? Dipendono da un mix composto da bassi tassi di interesse, l’attenzione consolidata dalla pandemia verso la casa, gli incentivi messi in campo dal governo e l’attesa per le Olimpiadi invernali del 2026. “Questo mix ha contribuito a stimolare una domanda già ingente in fase pre-Covid. La pressione al rialzo sui prezzi è dovuta a una scarsità di offerta rispetto alla domanda” precisa Magaglio. E se il centro storico ha superato la prova della pandemia, è l’area esterna al centro a essere tornata alla ribalta in chiave di riqualificazione. La ragione? “Dipende dall’attività degli investitori istituzionali per l’asset class residenziale. E quando si muovono gli istituzionali, l’interesse è su immobili di grandi dimensioni che in centro non sono disponibili. Di conseguenza, emergono i progetti della periferia dove è possibile realizzare prodotti di alta qualità con ampie volumetrie” precisa Gianluca Sinisi, Licence Partner di Engel & Völkers Commercial Milano e Lombardia. Il focus degli investitori sono immobili con requisiti ESG, quelli che attualmente dominano la scena degli investimenti e passano inevitabilmente attraverso lo stanziamento di risorse non bancarie perché, evidenzia Sinisi: “Gli istituti a uso ufficio (o loro ristrutturazioni) in questo momento non sono particolarmente appetibili per il settore bancario a causa del crollo degli investimenti e della caduta del Take Up nel 2020. Ciononostante, il mercato si sta riprendendo e ci sono evidenti segni di ritrovata salute sia per quel che riguarda l’assorbimento sia per i volumi di investimento”. Una cosa è certa: se prima valeva la regola delle 3 P (posizione, posizione, posizione, ovviamente centrale), la novità portata dalla pandemia è il peso del comfort abitativo nella scelta dell’immobile. Si impone come prioritaria la presenza di ampi spazi in abitazioni dove si passa più tempo e dove il lavoro si aggiunge alle consuete attività domestiche. Questi spazi sono difficili da reperire in centro e dunque si guarda alla periferia per guadagnare metri quadri a costi sostenibili. “Il 90% dei nuovi progetti residenziali sorge al di fuori della cerchia della 90-91 e questi investimenti immobiliari valorizzano i quartieri. Ad ogni angolo del quadrante urbano si sta creando uno sviluppo riqualificante simile a quello già osservato in Porta Nuova o Tre Torri” evidenzia Magaglio, che non dubita sulla tenuta del fenomeno almeno a medio termine. “Il trend proseguirà almeno fino al 2026, salvo ulteriori shock esogeni non prevedibili. Nel residenziale di pregio prevedo una domanda più forte e più intensa dell’offerta, con ulteriore risalita dei prezzi”. “Milano – conclude Sinisi – è il posto migliore in Italia dove investire in modo sicuro, e questo determinerà anche in futuro una domanda superiore all’offerta di abitazioni”.
LOGISTICA IN VOLO
Nell’analisi di Jll Italia, filiale italiana del gruppo di consulenza immobiliare internazionale Jll, i boost dello sviluppo in atto nel real estate si chiamano logistica e residenziale innovativo. “Il comune denominatore dell’interesse e della propensione all’investimento è la creazione di nuovo prodotto – precisa Davide Dal Miglio, head of capital markets di Jll Italia – perché il patrimonio logistico in Italia è assolutamente insufficiente e perché, nel residenziale a reddito, quel che gli inglesi chiamano multifamily è quasi totalmente assente, al pari di soluzioni come le rsa per anziani autosufficienti o degli studentati concepiti in modalità contemporanea. E tutto quel che esiste deve essere riqualificato”. Geograficamente parlando, Milano è protagonista per il residenziale innovativo, mentre l’area di sviluppo della logistica appare ben più vasta: “Corre lungo l’asse dell’autostrada A4, partendo dal Veneto per arrivare in Piemonte, ma scende anche lungo l’A1 e ora arriverà anche al sud. C’è un chiaro interesse a investire da parte di big player della logistica e di conseguenza dei principali investitori internazionali, che muovono circa il 70% dei capitali dedicati”. Per quanto riguarda gli uffici, in Jll Italia sono convinti che il 2022 vedrà un rimbalzo significativo perlomeno sulle piazze di Milano e Roma. “Il capoluogo lombardo – precisa Dal Miglio – è particolarmente attivo nella creazione di nuovi prodotti legati al comparto office”. Il retail? Occorre attendere. “La ripresa avverrà a medio termine, nell’arco di 6-12 mesi, e inizierà probabilmente dal retail più facile da comprendere in termini di sviluppo, come l’ambito dei supermercati. Le sensazioni sono buone anche per i centri commerciali, dove osserviamo una discreta crescita degli incassi da parte dei negozi presenti in queste strutture e che costituisce la base per la ripartenza del comparto, ma abbiamo bisogno di una continuità di questi segnali prima di trarre conclusioni certe”. Ad ogni modo, Dal Miglio scommette nella ripartenza del retail perché, afferma: “Prima o poi gli investimenti in logistica diventeranno troppo onerosi e insostenibili in termini di rientro. Nel frattempo, scenderanno i canoni di affitto delle location destinate ai negozi, che erano diventati anch’essi insostenibili. Si prospetta quindi un riequilibrio naturale sulla base delle nuove condizioni di mercato. A quel punto, gli investitori avranno una certezza dei valori e delle dinamiche locative. Quel che frena ora le compravendite e gli investimenti nel retail è proprio la mancanza di chiarezza, perché nessuno investe senza una prospettiva di valore dell’immobile e di potenziale incremento dello stesso”. E Dal Miglio scommette: “Uffici e retail sono troppo importanti per il real estate e torneranno al centro della scena”. Infine, l’hotellerie. Anche qui, Jll si attende una flessione dei valori immobiliari pre-Covid per rilanciare le compravendite. “Gli investitori aspettano la ripartenza del turismo internazionale per capire quali saranno i nuovi flussi di reddito. Con quelli attuali, condizionati dal calo di presenze e dalla riduzione del numero di camere disponibili – per ragioni dipendenti dal Covid o per le ristrutturazioni in corso nell’ambito alberghiero – è difficile attribuire un prezzo a una struttura, e sarebbe comunque un valore penalizzante per la stessa”. Si tratta quindi di un mercato dominato da trend contrastanti, tra quotazioni in discesa (reale o annunciata) e altre in pieno decollo, come ad esempio la logistica: “In alcuni casi, si parla di valori oltre i duemila euro al mq per i capannoni. Le case, negli stessi posti, valgono meno” conclude Dal Miglio.