“What’s your name, boy? Alias. Alias what? Alias anything you please”. Già, proprio tutto quello che vuoi, come esordisce Bob Dylan nel film, e forse, in quegli anni dove la controcultura era ancora imperante, si poteva davvero fare. E lo dimostra la storia, quella di Alias, l’azienda nata a Grumello del Monte nel lontano 1979, che proprio da questo dialogo tratto dal film western ‘Pat Garrett & Billy the Kid’s’ (con l’indimenticabile colonna sonora che contiene la famosa traccia ‘Knockin on heaven’s door’) prende il nome. Ed è da quelle parole che comincia la sua storia rivelando subito, fin dal suo debutto, presso la galleria d’arte milanese Giò Marconi dove erano esposte anche opere di Alberto Burri e Lucio Fontana, la natura anticonformista che ha mantenuto negli anni tra creatività e impresa.
E oggi, a quasi mezzo secolo di distanza, ecco una nuova locuzione, ‘Something Else’ un nuovo manifesto creativo nato con l’idea di tornare a essere quella fucina creativa di un tempo, grazie anche a una nuova identità che nasce dalla collaborazione con un consolidato gruppo di creativi formato da David Lopez Quincoces e Francesco Meda che si uniscono ad Alias nella definizione di una nuova prospettiva di stile accompagnati da Studio Temp per la curatela del progetto grafico. “Dopo un profondo lavoro di analisi sulla nostra identità e sul nostro patrimonio storico, accompagnati dal nuovo team, – dichiara Beat Zaugg, presidente e proprietario di Alias – abbiamo formulato un’evoluzione, piuttosto che una rivoluzione, per riscoprire ancora una volta il nostro originale spirito avanguardista. Nella sua interpretazione del presente e nella volontà di contrastarlo, Alias è sempre stato un marchio profondamente contemporaneo.”
E come dargli torto, basta fare un breve excursus nel glorioso passato di questa azienda per capire quanta ricchezza abbia alle spalle. L’elenco è davvero lungo, si passa da capolavori come la broomstick di Vico Magistretti alla famosa spaghetti di Giandomenico Belotti che si è guadagnata un posto d’onore al MoMA di New York, dalla seconda di Mario Botta alla frame di Alberto Meda fino ad arrivare alla laleggera di Riccardo Blumer. Senza contare le collaborazioni con personaggi del calibro di Jasper Morrison, Michele de Lucchi, James Irvine, Nendo, Philippe Starck, Eugeni Quitllet, PearsonLloyd, Ludovica e Roberto Palomba, Gabriele and Oscar Buratti, Alfredo Häberli, e Sou Fujimoto, per citarne alcuni. Un bagaglio di bellezza non trascurabile da cui partire come afferma Francesco Meda che sostiene: “invece di ricominciare, stiamo continuando il viaggio per perpetuare questo linguaggio distintivo” un modo per far riemerge lo spirito originale e anticonformista di Alias, da sempre un mix ideale tra formalità e ironia. “Il nostro lavoro ha tradotto in un linguaggio visivo lo spirito di Alias, esaltando ancora di più il Something Else in un modo che organicamente continua ciò che era stato iniziato dal brand. In un certo senso, abbiamo semplicemente riorganizzato il pensiero dell’azienda” conclude Fausto Giliberti di Studio Temp che dopo un’analisi approfondita degli archivi e degli aspetti più significativi dell’identità originaria, ha utilizzato la narrativa per giocare con espressività, arricchendola con immagini, illustrazioni e grafiche ludiche e sperimentali.
Il logo, che oggi utilizza il font serif, è stato cambiato e inclinato e affiancato a una nuova palette di colori libera e contemporanea in modo da sottolineare anche dal punto di vista grafico il cambio di rotta. La nuova identità è stata estesa a tutti i materiali Alias, inclusi il logo, i cataloghi, i nastri, le scatole, le intestazioni e tutto ciò che gravita attorno all’universo del brand. Con il desiderio di ravvivare il suo posizionamento nel panorama contemporaneo. Inoltre una nuova campagna è stata pensata per celebrare alcuni dei progetti più importanti, come la sedia spaghetti, frame, laleggera, paludis, green, seconda, young lady e robot in modo da dare un’identità distinta e più forte a ogni progetto. Tra diversità di linguaggi, voglia di avanguardia e sperimentazione e un DNA multiforme, ma che ha nell’amore per il design il suo carburante. Perché Alias è sempre Alias. What else?