La 16esima biennale apre i battenti il prossimo 26 maggio, affrontando il tema dello spazio come qualcosa di libero, gratuito e di qualità. Grandi aspettative dopo l’edizione da record del 2016.
Dopo aver preso vita lentamente all’interno delle Mostre Internazionali d’Arte e di Teatro, dal 1980 l’architettura è ormai protagonista a pieno titolo di un’esposizione all’interno della Biennale di Venezia, la rassegna d’arte riconosciuta a livello mondiale come uno degli appuntamenti irrinunciabili per l’indagine della creatività applicata e teorica. L’appuntamento con la Biennale di Architettura ha ormai raggiunto importanti risultati in termini di critica e di visitatori. L’ultima edizione nel 2016, curata da Alejandro Aravena, infatti, aveva toccato il record di visitatori con 260.000 accessi (+14% rispetto alla precedente), di cui 45% sotto i 26 anni e le aspettative per la prossima non sono da meno. La 16esima Mostra Internazionale di Architettura si intitolerà FREESPACE. Aperta al pubblico dal 26 maggio al 25 novembre, è curata dalle direttrici dello studio irlandese Grafton Architects, Yvonne Farrell e Shelley McNamara, e vedrà la partecipazione di 65 Paesi, di cui sette presenti per la prima volta (Antigua & Barbuda, Arabia Saudita, Guatemala, Libano, Mongolia, Pakistan e la Santa Sede con un proprio padiglione diffuso nel bosco dell’Isola di San Giorgio Maggiore). “Siamo cresciuti notevolmente nel corso degli anni – ha dichiarato il presidente Paolo Baratta in occasione della presentazione della nuova edizione – e ci tengo a marcare una differenza tra un generico fenomeno espositivo e un luogo, come la Biennale, nel quale chi viene lo fa perché desidera avere un posto nel dialogo che questa mostra offre come opportunità. Le esposizioni ospitate (ai Giardini e nella città di Venezia, ndr.) non sono rappresentanze dei singoli Paesi né piccole mostre mercato, ma piuttosto terreni fertili per illuminazioni e dialogo”.
Al centro di questa edizione, la questione dello spazio, inteso come libero e gratuito, e la sua qualità: “Per noi l’architettura è la traduzione di necessità – hanno dichiarato le due curatrici – ed è la più politica delle arti. Speriamo che in futuro il termine FREESPACE diventi, sia nella comunità degli architetti ma anche per le persone comuni, un ingrediente alla base del progetto e dell’invenzione dello spazio”. Farrell e McNamara hanno selezionato 71 partecipanti, tra studi e progettisti, che meglio hanno risposto alle indicazioni del loro Manifesto emanato a giugno scorso. Molti i nomi noti: Alvaro Siza, BIG, Chipperfield, Mendez da Rocha, de Moura, Toyo Ito, mentre per l’Italia saranno presenti Cino Zucchi, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Benedetta Tagliabue, Francesca Torzo Architetto e Laura Peretti. “È stato molto difficile compiere una scelta a livello globale, ma speriamo che questa Biennale sia una mostra dell’apertura” hanno dichiarato i due architetti in conferenza stampa. In questo senso, ben si affiancano di nuovo le parole del presidente Baratta che ha ricordato come l’architettura sia lo strumento per “caratterizzare meglio ogni essere umano come cittadino” e come “con l’architettura si producono beni pubblici, che per loro natura possono essere o frutto di un’azione pubblica o nascere come dono”. Considerando quindi l’architettura come fonte d’implicita generosità, il cliente finale di questa edizione è la Terra, sulla quale corre il messaggio che senza l’architettura si sia più poveri.
di Costanza Rinaldi