Oggetto di studio privilegiato per la comprensione dell’evoluzione dell’economia italiana, i distretti industriali italiani oggi sono snodi efficaci attraverso i quali è possibile costruire nuove reti d’impresa.
Storicamente frammentato, il tessuto imprenditoriale italiano, costellato da molte aziende di piccole dimensioni, è sceso a patti con la globalizzazione, optando recentemente per forme di aggregazione industriale, senza perdere flessibilità, specializzazione e creatività, che ne sono il maggior punto di forza. Parte da qui il viaggio di Pambianco Design all’interno di queste aggregazioni, i Distretti Industriali, con l’obiettivo di offrire un osservatorio privilegiato per esaminare e dare rilievo a quelle aziende italiane, medie o piccole, che non sempre sono conosciute sui grandi canali, ma che sono di fondamentale importanza per tutta la filiera produttiva della penisola. Questa prima puntata affronta lo scenario dei distretti: i numeri e i caratteri distintivi di un fenomeno socio-economico di portata storica. Esistono 3 caratteri che permettono di delineare i sistemi distrettuali e di riscontrarne quindi l’autenticità e l’esistenza: la diffusione di piccole e medie imprese, la specializzazione nelle produzioni made in Italy e la relazione con le istituzioni del territorio. Come sostengono Unionfiliere (associazione delle Camere di commercio per la valorizzazione delle filiere del made in Italy) e la Federazione dei distretti italiani, per mantenere uno standard elevato, la formula distrettuale risulta vincente se e solo se gestita in modo lungimirante e unitario. Ciò che affermano infatti i due enti è che, pur valida, questa debba continuamente cambiare, adattandosi a scenari di mercato in costante mutamento, mantenendo l’enfasi sulla “cultura del produrre” fatta di qualità, genialità, tradizione fondata sul know-how locale che la globalizzazione esalta anziché distruggere.
QUANTI E QUALI DISTRETTI
Secondo i dati Istat più recenti (censimento del 2011) i distretti industriali italiani sono 141 e rappresentano un quarto del sistema produttivo nazionale, sia in termini di SLL (23,1% del totale), sia di lavoratori (24,5% del totale) che di località produttive (24,4% del totale). I dati confermano l’esistenza di un “effetto distretto”, grazie al quale alcune aree italiane sono in grado di anticipare le fasi di ripresa rispetto al resto del tessuto produttivo e quindi esserne motore primario. Secondo il Rapporto Economia e Finanza dei Distretti, nel 2015, secondo un modello che risulta costante dal 2009, le imprese distrettuali hanno chiuso con fatturato in aumento rispetto a quelle non distrettuali e per il biennio 2017-2018, le previsioni vedono un’accelerazione della crescita di fatturato delle imprese distrettuali intorno al 2,2% in media d’anno. In generale, dallo studio Istat emerge una distribuzione territoriale non uniforme. 45 distretti nel Nord-Est, che risulta essere un ottimo riferimento del modello distrettuale italiano, dove Lombardia (29 distretti) e Veneto (28) contano il 40,4% dei distretti complessivi italiani. Segue poi il Centro con 38 distretti, divisi tra Marche, Toscana ed Emilia Romagna, la zona Nord-Ovest dove se ne contano 37. Infine il Sud con 17 unità e la Sardegna che ne registra 4. Molto contenute le presenze in Liguria e Lazio (1 distretto in ciascuna regione) e del tutto assenti in Valle d’Aosta, Molise, Basilicata, Calabria e Sicilia.
LA RETE COME PRINCIPIO FONDANTE
Il distretto industriale si fonda su due reti principali: quella della produzione, più informale, alimentata dalla circolazione delle informazioni mirata a generare miglioramento del prodotto e dell’intero processo produttivo, e una più recente atta a sostenere attività di ricerca applicata attraverso collaborazioni tra le imprese del distretto e centri universitari di ricerca più vicini. Sicuramente intensificato negli ultimi anni, secondo gli studi recenti l’Italia sembra essere all’inizio di questo approccio e si posiziona molto lontano rispetto gli standard degli altri paesi europei.
LA FORZA DELLA QUALITÀ
Sembra ormai abbastanza rinomato che la grande capacità dei distretti produttivi risieda nella qualità e nella sua costante alimentazione e miglioramento. In questo senso infatti risulta importante riconoscere che il principale fattore di crescita non è completamente sufficiente se non supportato da continui studi sui mutamenti del mercato e su cosa generi qualità oggi, quali standard possano garantire la gestione di processi improntati alla qualità, quali forme dell’innovazione siano fonte di elevata qualità dei prodotti italiani. Le nuove tecnologie e quella che viene definita industria 4.0 entrano a pieno titolo in questa evoluzione che amplia sempre di più le frontiere dell’innovazione dentro e fuori i distretti, con un impatto significativo su molte imprese pronte ad abbracciare nuovi modi di fare qualità.