Il tessile per la casa, nel 2016, ha registrato ricavi in calo del 2,3%. il dato emerge dallo studio Pambianco sulle 15 aziende top del settore. pesano le ristrutturazioni di alcuni big. Ma per qualcuno è stato un anno da incorniciare.
Per il tessile per la casa, il 2016 è stato un anno in chiaroscuro. Secondo i dati raccolti da Pambianco Strategie di Impresa sui bilanci di 15 aziende tricolori attive nel business della biancheria per la casa e tessuti per gli interni, il settore ha archiviato l’esercizio fiscale 2016 (l’ultimo per il quale sono disponibili tutti i fatturati delle aziende considerate nel segmento) con un calo del fatturato del 2,3% rispetto al 2015. In valore, il turnover generato dalle 15 big del tessile per il segmento home si è attestato a quota 556,4 milioni di euro contro i 569,5 dell’anno precedente. Sette società su 15 hanno registrato il segno meno con flessioni a una, o in alcuni casi a due cifre, del fatturato. Il tallone d’Achille nel 2016 è stato il mercato interno. Lo conferma il caso del gruppo Zucchi, impegnato in un piano di risanamento del debito. Al 31 dicembre 2016 il consolidato è sceso del 13,5% a causa della riduzione delle vendite in Italia (pari al 15,6%). Nonostante la contrazione del fatturato, il gruppo Zucchi si conferma al vertice tra le aziende italiane del settore per valore di fatturato, seguita da Rubelli con 78,4 milioni (in calo del 4,5%, in gran parte attribuibile alla contrazione delle vendite contract sulla controllata americana) e Gabel, sostanzialmente invariata rispetto al 2015 (-0,2% a 59,9 milioni di euro). In quarta posizione si trova Caleffi con 59,2 milioni di euro di ricavi. La società, quotata in Piazza Affari, è cresciuta nel 2016 del 6,6 per cento. L’incremento, aveva spiegato Guido Ferretti, AD di Caleffi group in occasione della presentazione dei conti 2016, è legato all’aumento degli ordini “in tutti i canali e le aree di business, fatta eccezione per la divisione luxury che ha risentito della debolezza dei mercati internazionali”. L’estero ha invece premiato i conti della comasca Dedar che, nell’ambito luxury, vanta dal 2011 una collaborazione con una griffe come Hermès per i tessuti per arredamento e carte da parati. Nel 2015 l’azienda ha scelto di investire nel mercato nordamericano aprendo una filiale e dal prossimo aprile uno show-room, strategia che ha premiato i conti anche nel 2017. Scendendo nella classifica balza all’occhio la flessione di Frette (-12,3%), impegnata in un piano di rilancio internazionale, e della bergamasca Martinelli Ginetto attiva sia nel settore tessuti sia in quello filati (-13,6%), seguita da Carillo Home (-4,6%), Industria tessile Castaldi (+7,4%), dal gruppo Carillo (+0,9%), Rivolta Carmignani (+5,1%) ed Enzo Degli Angiuoni (-6,1%). Due le aziende che, in controtendenza rispetto al panel considerato, hanno messo il turbo ai conti nel 2016: il Cotonificio Zambaiti, gruppo bergamasco a cui fa capo il marchio di biancheria per la casa Happidea, e Abc Italia. Il primo è cresciuto in un solo anno del 27% a 17 milioni di euro. Il secondo, specializzato nella produzione e importazione dei tappeti, è balzato a quota 16 milioni di euro (+36%). Lo sprint è legato al marchio Amini, raffinato brand di tappeti la cui collezione varia dai disegni tradizionali in una percezione contemporanea fino alle riedizioni dei disegni di Gio Ponti, su cui Amini detiene diritti esclusivi. “Anche nel 2017 abbiamo ottenuto crescite importanti”, ha spiegato a l’AD del gruppo, Ferid Amini, aggiungendo che, “nel caso di Amini l’incremento è legato alle private label del settore arredo a fashion. Contiamo di mantenere il trend positivo attraverso la divisone contract”.
di Milena Bello