Mall vecchi già prima dell’inaugurazione, spazi da riconvertire. La frenesia cinese può diventare un punto a favore degli italiani. Andrea Destefanis (Kokaistudios) spiega come.
I tempi di costruzione saranno anche “cinesi”, ma a volte non bastano per far sì che un progetto ideato un paio d’anni prima possa rimanere attuale fino al taglio del nastro. La velocità del cambiamento è tra gli elementi critici evidenziati da Andrea Destefanis, fondatore assieme a Filippo Gabbiani di Kokaistudios, società nata a Venezia ma cresciuta in modo consistente a Shanghai, dove può contare su un team di 40 tra architetti e designer. Crisi e opportunità in Cina sono concetti indicati con lo stesso termine, wēijī. Pertanto, anche questo elemento critico si può trasformare in punto di forza perché la velocità diventa l’occasione per ammodernare l’esistente, a cominciare dai mall concepiti per offrire quei capi fashion che oggi si vendono online. E vanno perciò ripensati. Kokaistudios ha nel Dna le attività di restauro e di riutilizzo di spazi, tant’è che deve il suo stesso ingresso in Cina al recupero di un edificio storico, Bund 18 a Shanghai, a cui hanno poi fatto seguito le attività svolte nel retail per Richemont. “Shanghai rappresenta un centro mondiale del design e i lavori concepiti qui diventano di portata internazionale”, sottolinea Destefanis. L’esperienza acquisita nel recupero storico e funzionale degli spazi sta offrendo a Kokai nuove possibilità, per esempio nel caso dei lilong, le tradizionali case basse che negli ultimi vent’anni di boom edilizio sono state sacrificate per dare spazio ai grattacieli ma di cui ora la municipalità di Shanghai ne bloccato la demolizione. Un complesso di lilong è stato affidato a Kokai che, in collaborazione lo studio del designer indonesiano Jaya Pratomo Ibrahim, lo ha trasformato in hotel per clienti d’élite. Altrettante opportunità si aprono per i luoghi aperti al pubblico e per i centri commerciali. La parola chiave dei progetti d’interni è lifestyle, e intanto il food occupa sempre più spazi sostituendo i negozi fashion. “In Cina c’è fame di novità. L’interesse è sui punti d’incontro, dove la gente si riconosce, si fotografa, si tagga”, racconta Destefanis. Oltre alle nuove costruzioni, lo sviluppo del business passa anche attraverso la riconversione dell’esistente. Il fermento è evidente e per gli italiani ci sarà molto da fare in Cina. Destefanis però avverte: “Il consumatore cinese conserverà comunque il gusto dell’ostentazione e sarà sempre attratto da prodotti riconoscibili, come accade nella moda. Più i designer italiani diventeranno famosi, più i mobili italiani ne beneficeranno”.
di Andrea Guolo