Massimiliano Locatelli di CSL Architetti, vincitore del Best Sustainability Award 2018, racconta le frontiere della sostenibilità. che porteranno a un abbattimento dei costi.
“Una soluzione concreta e sostenibile al progetto architettonico in un perfetto equilibrio tra qualità materica ed esperienza emozionale”. Per la giuria del Best Sustainability Award, il riconoscimento del circuito del Fuori Salone milanese dedicato a chi guarda con attenzione al futuro del pianeta, il progetto etico e virtuoso di Massimiliano Locatelli di CSL Architetti che ha ottenuto il prestigioso premio è racchiuso in quelle parole. In collaborazione con Arup, Italcementi e Cybe, l’architetto insieme al suo studio ha realizzato 3D Housing 05, il primo prototipo europeo di abitazione costruita con la stampa 3D e polveri di cemento in loco. Alla base di questo progetto c’è la ricerca sulle – infinite – possibilità che le stampanti 3D possono offrire all’architettura ecosostenibile, rispondendo alla sempre più urgente rivoluzione nel mondo della progettazione, da quella del design fino a quella appunto architettonica. Se è vero, infatti, che i contesti urbani si stanno modificando, e che i cambiamenti non sono più solo economici, ma anche sociali ed ecologici, è vero anche che il progettista dovrebbe intercettare queste trasformazioni, diventarne portavoce e, se possibile, cassa di risonanza, per realizzare nuovi modi di vivere e di abitare, fluidi come la società, tecnologici come il futuro e, più importante, rispettosi dell’ambiente. Abbiamo chiesto all’architetto Locatelli di raccontare questo nuovo traguardo, un progetto etico che ribalta gli schemi finora conosciuti e apre nuovi piani di lavoro possibili che mettono la necessità di rendere l’economia circolare al centro del loro operato.
Stampa 3D e sostenibilità. Da dove arriva questa idea di nuova progettazione?
Sono convinto che sia il futuro e la nostra 3D Housing 05 è una prima dimostrazione di quanti possibili diversi modi esistano per affrontare questo tema così attuale e delicato nel design e nell’architettura. Il nome che gli abbiamo dato si riferisce alle cinque caratteristiche che riguardano la casa.
Tra queste c’è anche la sostenibilità?
Certo, questo processo di costruzione è sostenibile ed ecologico perché viene realizzato con polveri di cemento derivate da demolizioni, una miscela di polveri cementizie inerti che possono essere di nuovo demolite, polverizzate e ricostruite fondendosi con il contesto in cui vengono posizionate. Questo progetto però è anche esempio di creatività, perché è libero dai vincoli tradizionali delle costruzioni e il materiale può essere modellato come si vuole, di estrema flessibilità della struttura che può essere ampliata, alzata, raddoppiata nel tempo, e, non meno importanti, di rapidità nella costruzione (100 metri quadrati in una settimana) e di accessibilità economica visto che i costi di costruzione vengono drasticamente ridotti.
In che termini i costi sono ridotti?
Siamo ancora in una fase sperimentale, ma contiamo che in un primo momento i costi possano assestarsi a un po’ meno della metà di quello medio tradizionale, quindi 1.000 euro al metro quadrato, per poter arrivare in futuro fino a 200-300 euro.
Avete altri progetti con questo approccio?
Sì, stiamo lavorando su un’abitazione privata in Sardegna a Porto Cervo che vede l’applicazione della stessa modalità di costruzione. O meglio, ancora più della 3D House presentata a Milano, questa è un esempio di economia circolare perché si tratta di una demolizione di un ecomostro nel sud della Sardegna, il suo trasporto a nord e la ricostruzione della volumetria proprio con quel materiale, al quale inoltre verranno uniti dei pigmenti locali così che l’edificio finale ben si integri con l’ambiente circostante.
Se si parla di economia circolare, a che punto siamo in Italia?
Purtroppo, non posso dire che l’Italia sia un pioniere in questo senso, ci sono delle realtà che sono sicuramente più attente, ma c’è ancora tanto da fare. Direi che in uno scenario più generale, nel nord Europa, in Norvegia e in Danimarca sono sicuramente più preparati e attenti. È una questione di educazione e mentalità.
Che ruolo hanno quindi, o possono avere, architetti e designer?
Sono sicuramente importanti, ma non possono essere i responsabili di un nuovo approccio, perché prima credo che sia necessario che la società cambi alla base. O meglio, che l’atteggiamento generale cambi alla base. Ci vorrebbe un ritorno alle origini che elimini il superfluo. La sostenibilità è un tema che va molto di moda. Per fortuna in un certo senso ma purtroppo per un altro, perché se si va a guardare bene è difficile trovare casi reali che facciano da guida e che trascinino i mercati verso quella parte. Anche se in Occidente crediamo di essere un passo avanti, spesso siamo tre indietro. Forse i millenials stanno cominciando a intuire qualcosa.
Cosa si può fare quindi?
Io credo che i piccoli gesti che ognuno di noi fa nel quotidiano possano cambiare qualcosa. Sono convinto che il lusso oggi non possa più essere calibrato sulla quantità di capitale a disposizione e la volontà di fare qualcosa, ma che debba essere rivolto alla protezione e alla tutela del mondo nel quale viviamo. Come diceva Franca Sozzani, ci vorrebbe un atteggiamento ‘give back’, agli altri e alla natura, in un sistema davvero circolare.
di Costanza Rinaldi