I produttori italiani di fascia alta sono pronti a spiccare il salto in Cina, che per alcuni già rappresenta il 20-30% del fatturato. La crescita? Potenzialmente infinita, a patto di comprendere le esigenze del cliente e di credere nel paese.
In Cina siamo già i primi della classe nell’arredo, per posizionamento e giro d’affari, ma non basta. L’obiettivo che spinge FederlegnoArredo a esportare il Salone del Mobile a Shanghai (19-21 novembre) è accompagnare le imprese italiane a fare di più, affondando radici in un mercato dalla domanda potenzialmente infinita di mobili e complementi per la casa. Tale domanda è stata finora espressa da una élite già consistente di grandi ricchi, poiché la Cina è il paese con il maggior numero mondiale di miliardari (più degli Usa) e occupa la sesta posizione assoluta per presenza di milionari, ma si sta sempre più diffondendo a una classe media che, stima Credit Suisse, nel 2015 era composta da 109 milioni di persone con un patrimonio complessivo di 7,3 trillion dollars, +330% nell’arco di 15 anni. È dunque giunto il momento di spendere. E i dati dicono che sta avvenendo, anche nell’arredo: +100% le importazioni di mobili made in Italy negli ultimi cinque anni, per un giro d’affari 2015 pari a 331 milioni di euro (+27,5% anno su anno) e con la prospettiva di superare i 500 milioni entro il 2020. È tanto? In termini relativi certamente no, perché la Cina genera appena il 3% dell’export italiano e pur essendo i primi esportatori di mobili nel Paese, con una quota del 15% contro il 12% della Germania e il 10% degli Stati Uniti, i nostri produttori dovrebbero cavalcare l’onda per crescere economicamente e consolidare l’immagine di leader nell’alto di gamma. A questo dovrebbe servire, nelle intenzioni degli organizzatori, l’appuntamento di Shanghai.
“Tra una decina d’anni, Pechino potrebbe rappresentare il nostro primo mercato di destinazione”. Nicola Coropulis, brand director di Poltrona Frau, scommette senza troppi indugi sulle prospettive di crescita del paese asiatico. “Dopo le città principali, stiamo ora puntando sui centri di seconda e terza fascia, dove i nostri prodotti hanno un grandissimo apprezzamento perché rappresentano storia, tradizione ed expertise della manifattura italiana. Stiamo inoltre entrando in diversi progetti residenziali. Il bacino d’utenza è tale da far prospettare, in tempi non troppo lunghi, una Cina più importante dell’Italia per il nostro turnover”. Contemporaneamente al Salone di Shanghai, il gruppo Poltrona Frau inaugurerà il negozio monomarca con brand Cassina, a pochi passi dallo store di Poltrona Frau e dai padiglioni della fiera. L’ex impero celeste incide già per il 31% sul fatturato di Luxury Living Group, che esporrà al Salone con i marchi Fendi Casa e Trussardi Casa. “Siamo presenti – afferma il presidente e CEO Alberto Vignatelli – con una specifica unit di rappresentanza a Pechino, che ha l’incarico di coordinare il nostro network commerciale sul territorio, ma anche con circa 30 importanti e selezionati dealer che seguono tutti i brand nel nostro portfolio. La Cina è il futuro per il mobile made in Italy e sta già sostituendo i grandi mercati tradizionali come Russia e Medio Oriente”. Vignatelli tratteggia una clientela sofisticata e che richiede massima qualità, impeccabile servizio post vendita e sicurezza di un prodotto interamente fatto in Italia. “Oggi – sottolinea l’imprenditore – ci confrontiamo con le seconde generazioni, un target alto spendente di individui che si sono formati nelle università occidentali e che al classico prediligono linee e design di stampo contemporaneo”. L’errore da non commettere? “La presunzione di non considerare, in termini di rilevanza, il mercato cinese alla stregua di uno occidentale”. A fine anno, il business di Turri con Pechino aumenterà del 50 per cento. Nel 2015 valeva già all’incirca il 30% su un giro d’affari complessivo superiore ai 30 milioni di euro. “Dagli italiani – spiega il presidente Andrea Turri – si aspettano il massimo livello di qualità e servizio. Sono clienti preparatissimi e perfino maniacali. Effettuano report fotografici sulle merci ricevute per documentare difetti talvolta impercettibili, poi se li sistemano da soli: non lo fanno per attivare reclami, semplicemente te li notificano e così ti spingono a operare sempre meglio. Se siamo cresciuti così tanto in termini qualitativi è anche grazie a loro. Sulle consegne destinate alla Cina abbiamo raddoppiato i controlli di qualità”. Turri vede ancora molto spazio nel canale retail, dove si inserisce in negozi multimarca che, per dimensioni, assicurano visibilità e superficie analoga a quella dei monomarca. “Entriamo in spazi da 20-25 mila metri quadrati, dove non è certo un problema conquistare esposizioni da 500-800 metri. In più, sta partendo ora il contract, attraverso la progettazione di architetti occidentali e anche locali”. L’errore da non commettere con i cinesi, avverte Turri, è mancar loro di rispetto. “Bisogna essere scientifici nei tempi di consegna, perché da questo punto di vista sono quasi ‘tedeschi’. Occorre capirne le esigenze, la cultura, il modo di vivere. Infine, meglio affidarsi a commerciali che parlano la loro lingua”.
Per Jumbo Collection, gruppo da 35 milioni di ricavi nel 2015 (+20%) con stime di +25% a fine anno, la Cina vale circa il 20% del fatturato. Canale retail e collaborazione con gli studi di design sono i pilastri della presenza commerciale basata sulla distribuzione dei fashion brand Roberto Cavalli Home Interiors e Gianfranco Ferrè Home, di cui Jumbo è official licensee. “Il valore del marchio Salone Milano – spiega il presidente Moreno Brambilla – ha creato una grande aspettativa verso la prima edizione a Shanghai. Abbiamo immediatamente accettato l’invito a partecipare coi brand Jumbo Collection e Gianfranco Ferrè; non avremmo considerato nessun’altra manifestazione fieristica sul mercato. Questo sforzo di squadra è un’importante leva per valorizzare il made in Italy”. Sul cliente cinese, Brambilla ha una visione simile a quella di altri produttori: “È sempre più sofisticato, individualista e preparato. Se nel passato esisteva una chiara differenza culturale tra Cina e mondo occidentale, oggi questo gap non è più così significativo. Dai marchi del gruppo Jumbo si aspetta esclusività e funzionalità”. Per Eleonore Cavalli, art director di Visionnaire (che realizza in Cina il 20% del fatturato), l’approccio vincente con la clientela si fonda sull’elemento emozionale. “Bisogna sempre avere il coraggio di ‘educatamente osare’ nella proposta. Il cinese si aspetta sempre soluzioni nuove ed innovative dalle aziende italiane” afferma la designer di un marchio che ha investito con convinzione nel paese, aprendo 11 negozi monomarca e con altre sette inaugurazioni calendarizzate entro il 2017, oltre ad aver avviato una costante e metodica attività di promozione e diffusione in studi di architettura ed interior designer in chiave contract residenziale. “In Cina più che altrove – conclude Cavalli – è fondamentale porsi in attento e paziente ascolto dell’interlocutore, per capire bisogni e necessità, ma in particolar modo sapersi conquistare nel tempo la fiducia della controparte. Mai disattendere le aspettative altrui! Spendere una parola e non mantenerla significa tagliare di netto una relazione”.
di Andrea Guolo