L’esempio di porta nuova dimostra quanto i grandi progetti di riqualificazione siano importanti opportunità per le aziende di arredo. In termini di commesse dirette, di indotto e di creazione di nuovi distretti.
All’ombra della Madonnina, Milano non tradisce la sua vocazione di capitale economica e di città in eterno movimento. Oltre a ridisegnare il volto dei quartieri e dell’hinterland, i grandi cantieri avranno con ogni probabilità importanti ricadute non solo a livello di immagine, ma anche di indotto a 360 gradi, dagli affitti commerciali alle compravendite residenziali passando anche da importanti commesse contract. Ci sono numeri che più di altri raccontano quanto sono importanti per Milano le grandi opere di riqualificazione. Secondo il Rapporto 2017 sul mercato immobiliare di Milano e area metropolitana condotto da Scenari Immobiliari, gli investimenti esteri a Milano sono lievitati in quattro anni, cioè da quando, in pratica, sono aumentati i grandi lavori di rigenerazione urbana: da 427 milioni di euro nel 2014, cioè appena il 16% di quelli stanziati per tutto il territorio italiano, a 3 miliardi, stima per il 2018, che rappresentano per il 62,5% degli investimenti esteri nel Belpaese. In questa partita un ruolo chiave l’ha giocato il mega progetto di Porta Nuova-Varesine, il più grande progetto di riqualificazione urbana in un centro storico in Europa, che ha ridato vita a un’area di oltre 290.000 metri quadrati suddivisa, inizialmente, tra tre diversi quartieri, Garibaldi, Varesine e Isola. Il progetto, che ha visto all’opera una ventina di studi di architettura di grido tra cui Antonio Citterio e Partners, Michele De Lucchi e Mario Cucinella, Piuarch, M2P Associati, e Arquitectonica, oggi ingloba la Unicredit tower, headquarter come quello di Bnp Paribas, Hsbc e Samsung (la superficie dedicata agli uffici raggiunge i 140mila metri quadrati), retail e 400 unità residenziali di alto livello, tra cui il Bosco Verticale progettato da Stefano Boeri, che è entrato subito nell’immaginario collettivo anche per la sua fama di palazzo preferito dai Vip per i suoi appartamenti da 15mila euro al metro quadrato. Porta Nuova, intanto, ha cambiato bandiera: nel 2015 il fondo sovrano del Qatar (Qatar Investment Authority ) è diventato il proprietario unico passando dal 40% al 100% appunto dell’area per una cifra che non è stata resa nota (lo sviluppatore, Coima, continua però a gestire tutta l’area). Per dare un’idea dell’impatto del progetto basti sapere che gli investimenti complessivi tra pubblico e privato hanno superato i due miliardi di euro, e oltre 500 milioni di euro di opere pubbliche. Oltre che sul fronte immobiliare, il caso di Porta Nuova ha innescato un processo di recupero di tutta l’area circostante, con ricadute anche sul settore del mobile. Seppur sia ancora presto per dire se l’area che va da Porta Nuova a Porta Volta sarà un nuovo distretto del design, sono diversi i marchi di arredamento che hanno strategicamente aperto le loro insegne a ridosso dei nuovi palazzi anche per intercettare i flussi turistici internazionali.
IL NODO DEL CONTRACT
Porta Nuova è diventata la case history di successo dei grandi progettti di riqualificazione, l’esempio che in molti puntano a seguire. Nonostante i tempi degli altri progetti, da via Bramante all’ex area Expo fino agli scali, siano piuttosto prematuri per mettere nero su bianco quelle che saranno le ricadute della realizzazione delle nuove strutture, uno dei primi elementi che fungono da termometro di questo business sono le commesse e gli ordini nell’ambito del segmento contract . Nel caso della nuova sede dell’Adi davanti al Cimitero Monumentale, l’iter per l’appalto dei contratti per l’arredo della nuova struttura è in via di definizione. “Ci stiamo lavorando in seno agli associati”, ha raccontato Pambianco Design Luciano Galimberti, presidente dell’Associazione per il disegno industriale. Le tempistiche sono però serrate. “Abbiamo ottenuto l’assegnazione dell’area quattro anni fa – ha aggiunto il presidente dell’Adi – ma i lavori sono potuti partire solo ora per un problema di bonifica della zona. Riceveremo un edificio già ristrutturato a livello di massima. Il nostro progetto prevede l’allestimento di un’area di 5mila metri quadrati dedicata all’esposizione permamente e all’archivio storico progettato da Mara Servetto, Ico Migliore e Italo Lupi. Entro fine anno, riceveremo la palazzina uffici, la parte verso via Ceresio, mentre a luglio 2019 è prevista la consegna di tutto. Da allora avremo sei mesi di tempo per allestire gli spazi”. Oltre alle commesse, l’associazione è alle prese con il layout e il business plan del progetto. “Quella che chiamiamo nuova sede sarà in realtà una piattaforma di azioni di scambio tra noi e la Triennale per dare sostegno al design italiano e creare un sistema unico”, ha concluso.
DA EXPO UN INDOTTO MILIARDARIO
Di sicuro, uno dei progetti più interessanti a livello di indotto sarà quello che sarà realizzato sull’area che ospitò l’Esposizione universale del 2015, e che diventerà il Parco della Ricerca, del Sapere e dell’Innovazione. La società di consulenza The European House-Ambrosetti ha condotto uno studio sull’impronta socio economico del progetto di riconversione dell’area su cui si insedierà Human Technopole, l’Università Statale di Milano e una struttura ospedaliera (l’Istituto Galeazzi), attraverso la misurazione di impatti diretti, indiretti ed indotti sul territorio su un orizzonte temporale di 10 anni. Ebbene, quel che è emerso è che nel prossimo decennio solo la realizzazione delle tre strutture citate genererà una spesa 6,9 miliardi di euro, cifra che considera investimenti, consumi intermedi e consumi finali. Di questi, 2,4 miliardi sono legati alla costruzione fisica delle strutture e degli immobili e i restanti 4,5 dalle attività del Parco. Il valore aggiunto sarà di 3,2 miliardi, di cui uno legato alla costruzione fisica delle strutture e degli immobili e i restanti 2,2 dalle attività del Parco. Per il Campus dell’Università Statale di Milano sono stati previsti costi attorno ai 380 milioni di euro. Sempre secondo lo studio di The European House, la ricaduta di questi investimenti in termini di occupazione potrebbero generare nei primi quattro anni (l’arco temporale prende in considerazione la durata prevista della fase cantiere) “circa 6.700 unità aggiuntive all’anno, in via diretta, indiretta e indotta. A fine cantiere cioè, dal quarto anno in poi, l’impatto si potrebbe attestare a 3.000 unità”. I numeri, sottolinea la ricerca, sono comunque limitati alle tre mega strutture, ovvero Human Technopole, Università Statale e Galeazzi e potrebbero quindi variare a seconda del “numero e della tipologia di attività che si insedieranno, che potranno generare ulteriori sinergie”. L’ex area dell’Expo potrebbe ospitare anche un polo importante di aziende e realtà associative. Tra i più accreditati c’è il gruppo Intesa Sanpaolo che potrebbe spostare qui la sua sede. “Su area Expo abbiamo già un’opzione per sviluppare iniziative”, ha dichiarato a febbraio il CEO, Carlo Messina. Se così fosse, l’area si prepara ad ospitare un player di rilievo come fu ai tempi Unicredit per Porta Nuova.
di Milena Bello