Solo luce, solo decorativo, solo design. Risultato: 45 milioni di fatturato. I segreti di Foscarini si chiamano ripartizione del rischio, condotta attraverso una presenza in 88 mercati di destinazione, e alleanza con i rivenditori, sostenuti attraverso la gestione diretta della logistica. Al via la nuova filiale in Giappone.
“La ripartizione del rischio tra 88 Paesi di destinazione ci permette di fare ciò che vogliamo, di essere Foscarini”. Carlo Urbinati, presidente dell’azienda veneziana rilevata nel 1988, quand’era un semplice dipendente, riflette sui ‘segreti’ di un brand capace di generare 45 milioni di ricavi operando “nella nicchia della nicchia”: solo decorativo, solo illuminazione, solo design. L’export, avviato più di 30 anni fa, sfiora oggi l’85% del giro d’affari, con quote rilevanti tra area tedesca, Stati Uniti e Francia, a cui si aggiunge l’ottimo mercato scandinavo e, novità di quest’estate, lo sbarco diretto in Giappone con la seconda filiale estera dopo quella statunitense. Ma è difficile trovare un Paese dove Foscarini non sia presente. Ed è questa copertura globale a far da supporto a una filosofia che si basa sul prodotto, dalla marcata identità, adatto a certi mercati e inadatto ad altri, com’è accaduto in Russia. “Fin quando disporremo di tante possibili destinazioni, saremo in grado di permetterci questo lusso: fare lampade che a noi piacciono molto”, sottolinea Urbinati.
Perché in Giappone?
Crediamo di avere un prodotto adatto per incontrare il gusto dei giapponesi, ma al tempo stesso ci siamo resi conto che dovevamo superare l’ostacolo di una distribuzione rimasta legata al concetto di ‘contenitore’, impedendo la diffusione di una cultura del design. Per crescere in Giappone ci siamo dati tempo, più che altrove, considerando le complessità legate alla mentalità e alla dotazione dei requisiti necessari, partendo dalle certificazioni.
Wholesale o retail?
Abbiamo complessivamente più di tremila clienti e due soli showroom diretti: non riuscirei a immaginare il contrario! Cerchiamo di essere presenti nei mercati superando il filtro dei distributori, che impediscono il necessario flusso di informazioni tra azienda e rivenditore, a cui diamo tutto il supporto necessario anche in termini logistici, tramite i nostri magazzini: non devono avere preoccupazioni, se non quelle di comunicare i valori di Foscarini.
Quanto vale il contract?
Circa il 20% del fatturato, ottenuto perlopiù tramite i rivenditori. In prospettiva, ci sarà una nostra presenza più convinta nei mercati che promettono uno sviluppo tramite questo canale.
Foscarini, azienda senza fabbrica: limite o vantaggio?
Siamo nati per la progettazione, fa parte del nostro imprinting mentale. La scelta di non produrre ci ha regalato il bene unico di poterci dedicare all’idea, senza alcun vincolo tecnologico o di materiale.
Obiettivi a fine anno?
Cresciamo a piccoli passi. In un mercato statico, e nel decorativo si avverte ancor di più, i nostri piccoli progressi hanno un significato.
Continuerete la collaborazione con Diesel?
Sì, ci è servita moltissimo. Lavorando con Diesel, abbiamo imparato a non dare mai nulla per scontato e aumentato la consapevolezza di essere un’azienda di design. I risultati sono importanti e incidono per il 10% sul fatturato. Abbiamo molte altre richieste, ma non riesco a pensare a partnership altrettanto interessanti al di fuori della moda, né a brand con le stesse potenzialità.
26di Andrea Guolo